PALERMO – Forse una semifinale persa con il Venezia, sia pure nettamente, non sarà definibile come fallimento per gli ammiratori del ‘percorso’. O forse sì, visto che le premesse e le promesse miravano a ben altra cima. Ma di naufragio si deve parlare, se si guardano i fatti con gli occhi dei tifosi. Alla fine è l’appartenenza che sposta i destini del pallone.
Il fallimento, magari opinabile nei risultati, è certificato dal rapporto che non ha mai funzionato tra squadra e appassionati. Intendiamoci: il popolo rosanero è stato valoroso, generoso, magnifico e non ha mai lesinato amore per i colori. I giocatori si sono probabilmente impegnati (rischia di essere un aggravante). Eppure…
Eppure, il contesto appare innegabile: il tifo si è aggrappato alla bandiera, non potendo identificarsi in formazioni sciroccate, preda dell’avversario di turno, che, spesso, hanno mortificato la passione degli spalti. Dal canto suo, chi andava in campo, più che incanalare l’amore e trasformarlo in forza, lo ha sofferto ed è rimasto impigliato e poi soffocato nel suo abbraccio.
Un tale rapporto viziato dalle circostanze, nonostante ingredienti iniziali che conducevano alla speranza, è stato uno dei passaggi a vuoto che hanno mandato progressivamente in tilt l’ambiente. Per voltare davvero pagina, archiviando la stagione con un tesoretto di riflessioni opportune, bisognerà mettere a punto l’algoritmo rosanero. O, più semplicemente, comprare l’amalgama.