Palermo, Valeria uccisa dalla chemio: bloccati i beni del primario

Valeria uccisa dalla chemio: bloccati i beni del primario

Si tratta di Sergio Palmeri. Ennesimo rinvio in Cassazione. Incombe la prescrizione

PALERMO – Revocato il fondo patrimoniale. I beni di Sergio Palmeri, ex primario del Policlinico di Palermo, e della moglie Patrizia Gioè diventano di nuovo ‘aggredibili’ qualora il medico venisse condannato dalla Corte dei Conti.

Palmeri è uno dei sanitari già condannati in sede penale per la morte di Valeria Lembo, uccisa da una dose di chemio killer. Era il 2011. Valeria, mamma di un bimbo di sette mesi, aveva 34 anni. Le somministrarono 90 milligrammi di farmaco, anziché nove con un incredibile errore nella prescrizione.

La sezione giurisdizionale della Corte dei Conti ha accolto la domanda revocatoria della Procura regionale in attesa del’udienza del 19 gennaio prossimo, quando si deciderà nel merito la responsabilità o meno dei soggetti citati a giudizio.

Secondo i pm contabili, oltre alla tragedia umana che non potrà mai essere superata, sarebbe stato provocato un danno per le casse ospedaliere da un milione e 989 mila euro. Il danno viene contestato a Palmeri e agli altri sanitari condannati in sede penale: Laura Di Noto, Alberto Bongiovanni ed Elena Demma. Richiesta di danni anche nei confronti di Clotilde Guarnaccia, assolta in secondo grado e su cui pende ricorso in Cassazione. Si tratta di una contestazione provvisoria.

Queste le cifre della citazione in giudizio inviata dal procuratore Gianluca Albo e dal sostituto Salvatore Ganci: Palmeri (euro 1.094.371,31), Bongiovanni e Di Noto (397.953,20 ciascuno), le infermiere Demma e Guarnaccia (49.744,15 ciascuno).

Contestualmente all’invito a dedurre, la Procura regionale della Corte dei Conti nei mesi scorsi aveva chiesto anche la revocatoria del fondo patrimoniale che Palmeri ha costituito con gli immobili di sua proprietà “così pregiudicando il credito anche nei confronti dell’Erario avendo ad oggi l’Azienda Ospedaliera sostenuto un ingente esborso risarcitorio nei confronti degli eredi della paziente vittima di gravissimo errore sanitario”. Le indagini sono del Nucleo di polizia economica-finanziaria della guardia di finanza e del Nucleo investigativo del Reparto operativo del Comando provinciale di Palermo.

Lo scorso febbraio la Corte di appello di Palermo ha condannato per omicidio colposo a tre anni di carcere e altrettanti di interdizione dalla professione medica Palmeri, primario del reparto di Oncologia dell’ospedale universitario, l’oncologa Di Noto a due anni e tre mesi (2 anni di interdizione), e lo specializzando Bongiovanni a tre anni e cinque mesi (rispondeva anche di falso, per lui tre anni di interdizione dall’esercizio della professione).

Assolta per non avere commesso il fatto l’infermiera Guarnaccia (difesa dall’avvocato Salvino Pantuso). In primo grado era stata condannata.

“Inaccettabile, vergognoso”: così fu definito quanto accadde alla povera Valeria. Fu una catena di errori a segnare la sua condanna a morte. Il tutto culminato con un numero 9 diventato 90. Tanti furono i milligrammi di antitumorale – la Vimblastina – iniettato nel sangue della paziente. Una dose dieci volte superiore a quella necessaria che non lasciò scampo a Valeria affetta di un linfoma di Hodgkin.

I familiari si sono costituiti parte civile con l’assistenza degli avvocati Marco Cammarata e Vincenzo Barreca e hanno ottenuto un risarcimento.

Di Noto era l’oncologa in servizio, mentre Bongiovanni era lo specializzando che cancellò dalla prescrizione lo zero davanti al nove. Un tentativo mal riuscito di nascondere la tragica verità. Di Noto non ha mai negato le proprie responsabilità ed infatti le sono state concesse le attenuanti generiche. Anche Bongiovanni ammise: “Sono stato io. Rileggo la prescrizione e la cartella, mi accorgo della discrepanza e cancello l’errore”.

Morire in ospedale per un errore incredibile. Per somministrare il farmaco a Valeria Lembo non bastò una siringa. Dovettero usare una sacca. Neppure questo allarmò il personale. Il processo è approdato in Cassazione per l’atto finale. L’udienza era stata fissata il 21 dicembre, ma è stata rinviata a data da destinarsi. La Cassazione, infatti, non ha notificato l’avviso di fissazione dell’udienza a una delle parti civili, il Policlinico. E così i legali hanno fatto un viaggio a vuoto.

Se il ricorso degli imputati sarà dichiarato ammissibile dai supremi giudici la prescrizione cancellerà l’intera vicenda giudiziaria. Se, al contrario, la Cassazione dovesse dichiararlo inammissibile gli imputati saranno chiamati a scontare le proprie pene.


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