Valeria Lembo uccisa dalla chemio: danno da 1,9 milioni

Valeria Lembo uccisa dalla chemio: danno da 1,9 milioni

Chiesta la revocatoria del fondo creato dal primario Sergio Palmeri per "proteggere" i beni

PALERMO- Dopo le condanne in sede penale e in attesa di sapere se il processo andrà prescritto arriva l’invito a dedurre per i danni provocati al Policlinico di Palermo per la morte di Valeria Lembo, uccisa da una dose di chemio killer. Era il 2011 e Valeria, mamma di un bimbo di sette mesi, aveva 34 anni.

Un danno per le casse ospedaliere da un milione e 940 mila euro viene contestato al primario Sergio Palmeri e agli sanitari condannati in sede penale: Laura Di Noto, Alberto Bongiovanni ed Elena Demma. Richiesta di danni anche nei confronti di Clotilde Guarnaccia, assolta in secondo grado e su cui pende ricorso in Cassazione. Si tratta di una contestazione provvisoria.

Contestualmente all’invito a dedurre la Procura regionale della Corte dei Conti ha chiesto anche la revocatoria del fondo patrimoniale che Palmeri ha costituito con gli immobili di sua proprietà “così pregiudicando il credito anche nei confronti dell’Erario avendo ad oggi l’Azienda Ospedaliera sostenuto un ingente esborso risarcitorio nei confronti degli eredi della paziente vittima di gravissimo errore sanitario”. Qualora arrivasse una condanna in sede erariale in questo modo i beni di Palmeri potrebbero essere aggrediti. Le indagini sono del Nucleo di polizia economica-finanziaria della guardia di finanza e del Nucleo investigativo del Reparto operativo del Comando provinciale di Palermo.

Lo scorso febbraio la Corte di appello di Palermo ha condannato per omicidio colposo a tre anni di carcere e altrettanti di interdizione dalla professione medica Palmeri, primario del reparto di Oncologia dell’ospedale universitario, l’oncologa Di Noto a due anni e tre mesi (2 anni di interdizione), e lo specializzando Bongiovanni a tre anni e cinque mesi (rispondeva anche di falso, per lui tre anni di interdizione dall’esercizio della professione).

Assolta per non avere commesso il fatto l’infermiera Clotilde Guarnaccia (difesa dall’avvocato Salvino Pantuso). In primo grado era stata condannata.

“Inaccettabile, vergognoso”: così fu definito quanto accadde alla povera Valeria. Fu una catena di errori a segnare la sua condanna a morte. Il tutto culminato con un numero 9 diventato 90. Tanti furono i milligrammi di antitumorale – la Vimblastina – iniettato nel sangue della paziente. Una dose dieci volte superiore a quella necessaria che non lasciò scampo a Valeria affetta di un linfoma di Hodgkin.

I familiari si sono costituiti parte civile con l’assistenza degli avvocati Marco Cammarata e Vincenzo Barreca e hanno ottenuto un risarcimento.

Di Noto era l’oncologa in servizio, mentre Bongiovanni era lo specializzando che cancellò dalla prescrizione lo zero davanti al nove. Un tentativo mal riuscito di nascondere la tragica verità.

Di Noto non ha mai negato le proprie responsabilità ed infatti le sono state concesse le attenuanti generiche. Anche Bongiovanni ammise: “Sono stato io. Rileggo la prescrizione e la cartella, mi accorgo della discrepanza e cancello l’errore”.

Il processo è tornato dalla Cassazione che nel marzo scorso annullò le condanne per Palmeri e Guarnaccia mentre rinviò per gli altri due imputati solo per la rideterminazione della pena. Secondo i supremi giudici, la Corte di appello, pur stigmatizzando in sentenza il caos gestionale, non non ne aveva tenuto conto nel calcolo della pena. Diverso il caso del primario per il quale l’annullamento dipese da una difetto di notifica. Infine per Guarnaccia non c’era una norma che le imponesse di confrontarsi con il solo Palmeri.

Morire in ospedale per un errore incredibile. Per somministrare il farmaco a Valeria Lembo non bastò una siringa. Dovettero usare una sacca. Neppure questo allarmò il personale. Il processo è approdato in Cassazione per l’atto finale. L’udienza è stata fissata a dicembre. Se il ricorso degli imputati sarà dichiarato ammissibile dai supremi giudici scatterà la prescrizione. Se, al contrario, la Cassazione dovesse dichiararlo inammissibile gli imputati saranno chiamati a scontare le proprie pene.


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