Il lato oscuro di Palermo | Violenza non solo mafiosa - Live Sicilia

Il lato oscuro di Palermo | Violenza non solo mafiosa

Omicidi, regolamenti di conti, liti e adesso anche i pestaggi di matrice politica.

PALERMO – Si muore per mano mafiosa a Palermo, ma anche per la follia di chi vuole farsi giustizia da sé. Si muore per una banale lite o perché il prezzo della benzina è troppo alto. Qualcuno impugna un pistola e fa fuoco. A sparare non sono solo i killer di Cosa nostra, ma gente comune. Nel repertorio della Palermo violenta ora si sono aggiunti anche i pestaggi di matrice politica. L’ideologia si manifesta nel suo aspetto più becero.

Lo scorso gennaio, Silvio Sardina, a soli 22 anni si presenta in un palazzone delle periferia, in via Brigata Aosta. Esplode alcuni colpi di pistola per vendicare il suo onore di marito tradito. Ferisce due persone. “Ho visto che faceva cosi con la pistola in mano… pum, pum, pum, pum”, racconterà una bambina. Da una parte la follia degli adulti, dall’altra l’innocenza dei più piccoli.

A novembre Alessandra Ballarò, estetista di 20 anni, uccide un vicino di casa. La ragazza, orfana della madre e col padre gravemente malato, confessa il delitto. “Avevo paura che ammazzassero mio padre, lo stavano aggredendo con bastoni chiodati. Lui e le mie sorelle sono le uniche persone che mi sono rimaste. Sono disperata e pentita, ma non si può tornare indietro”. In un video restano impresse le immagini choc di una ragazza che agisce come un killer. A scatenare la furia omicida la mancata compravendita di un immobile e clima clima di tensioni e pressioni che ne è seguito.

Pochi mesi prima, a settembre, ci scappa il morto al mercato del Capo. Calogero Piero Lo Presti, pure lui giovanissimo, insegue il fruttivendolo Andrea Cusimano tra le bancarelle del mercato. Lo uccide a colpi di pistola. Lo avrebbe fatto per vendicare il padre schiaffeggiato la sera prima dal fratello della vittima. Famiglia mafiosa quella dei Lo Presti, molto conosciuta a Porta Nuova, ma Cosa nostra con il delitto, almeno direttamente, nulla c’entra.

Marzo 2017, Giuseppe Pecoraro, di professione benzinaio, cosparge di benzina e dà fuoco al corpo di Marcello Cimino, mentre dormiva su un giaciglio di fortuna davanti alla mensa dei Capuccini a Palermo. Era convinto che insidiasse una donna su cui anche lui aveva mostrato interesse.

La cronaca è piena di storie di ordinaria follia, di gialli risolti e di altri casi che non hanno abbandonato il colore del mistero. Qualcuno, in questi anni, ha ritenuto normale o facile affondare per ventisette volte un paio di forbici nella gola di Ninni Giarrusso, la parruccaia di via Dante; fare fuoco sul commerciante di bibite Daniele Discrede mentre teneva per mano la figlia di otto anni; entrare a casa di una prostituta, Anna Maria Renna, e infierire con una dozzina di coltellate sul suo corpo nell’appartamento di via Maggiore Toselli. Misteri irrisolti, ancora senza colpevoli.

Un colpevole c’è e si chiama Mario Di Fiore per il delitto, avvenuto nel giugno 2015, del benzinaio Nicola Lombardo, in piazza Lolli, a Palermo. Il prezzo del pieno di benzina gli era sembrato caro.

A pochi metri da piazza Lolli, per la precisione in via Dante, la follia è tornata ad esplodere, seguendo una traiettoria circolare. In otto hanno pestato Massimo Ursino, dirigente di Forza Nuova. Sarebbe stato un branco di persone legate al centro sociale Anomalia. Pochi giorni prima, in piazza Kalsa, un colpo di pistola ha ferito all’addome Gioacchino Alioto. L’autore del tentato omicidio non è stato ancora identificato. E neppure il movente. Sembra, però, che ci sia di mezzo una lite. Perché a Palermo le questioni si regolano a pistolettate e a sparare non sono solo i mafiosi.

 


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