CATANIA – Un uomo chiamato il postino cercò Gino Ilardo a casa per ben due volte il giorno della sua morte. E’ questo il cuore dell’interrogatorio a Concetta Strano, teste nel processo per l’omicidio del marito. Luigi Ilardo fu ammazzato in via Quintino Sella il 10 maggio del 1996. La vedova fa un salto indietro nel passato e rispondendo alle domande del pm Pasquale Pacifico ripercorre quel maledetto giorno di quasi venti anni fa. Per ben due volte – afferma Concetta Strano – quel pomeriggio suonò al citofono una persona, che si faceva chiamare il “postino”, chiedendo informazioni sul marito. La risposta di Concetta Strano fu che Gino sarebbe rientrato più tardi in serata. Di quella richiesta la moglie ne parla al telefono anche con il marito, riferendo che “il postino lo aveva cercato”. Ma Ilardo non avrebbe dato troppo peso alla cosa. Una rivelazione quella di Concetta Strano che apre nuovi scenari misteriosi all’intricata vicenda dell’omicidio di Luigi Ilardo, delitto che viene menzionato anche nel processo sulla cosiddetta trattativa Stato Mafia e nel procedimento contro il generale Mori per la mancata cattura di Bernardo Provenzano.
Il “postino” è il soprannome di Aurelio “Lello” Quattroluni. All’epoca dell’omicidio Ilardo sarebbe stato lui il reggente del clan Santapaola ed era anche l’uomo di collegamento con la cupola palermitana. Le parole di Concetta Strano dunque sembrano “blindare” la tesi accusatoria che localizza nel clan di Nitto e nella famiglia Madonia la partenza dell’ordine di uccidere Gino Ilardo. Alla sbarra ci sono alcuni nomi che costituiscono il gotha di Cosa Nostra e dei Madonia di Caltanissetta: Vincenzo Santapaola, Maurizio Zuccaro, Benedetto Cocimano e Giuseppe Piddu Madonia (cugino della vittima).
L’ordine di chiudere la bocca per sempre al confidente di Michele Riccio del Ros – secondo la ricostruzione della Procura – avrebbe avuto un’accelerazione perché i vertici di Cosa nostra avrebbero saputo che ‘Oriente’ voleva diventare collaboratore di giustizia. Ricordiamo che Gino Ilardo viene ucciso pochi giorni dopo l’incontro a Roma dove aveva manifestato la volontà a collaborare con la magistratura.
Di Lello Quattroluni coinvolto nell’omicidio di Gino Ilardo ne parla anche il pentito Giovanni Brusca. “Quindici giorni prima dell’omicidio – si legge nei verbali di Brusca – Aurelio Quattroluni mi venne a cercare a Cannatella, dove ero latitante, mi disse di avere ricevuto dal carcere l’ordine di uccidere Ilardo Luigi. Poi seppi- dichiara ancora – da Aurelio Quattroluni che ad occuparsi dell’omicidio era stato un cognato di Salvatore Santapaola, fratello dì Nitto, di nome Zuccaro che aveva difficoltà di deambulazione, nonostante questo deficit riusciva a dare ordini e a reggere le fila del gruppo”.
La Procura non aveva raccolto elementi sufficienti a poter procedere contro Lello Quattroluni anche perché l’accelerazione improvvisa all’esecuzione del delitto mise fuori dai giochi Santo La Causa, come lui stesso ha dichiarato ai magistrati, e lo stesso potrebbe essere successo per “il postino”. Le dichiarazioni di oggi in aula però sollevano degli interrogativi. Aurelio Quattroluni perché avrebbe cercato Luigi Ilardo lo stesso giorno del suo omicidio?
L’interrogatorio di Concetta Strano si è concentrato su quel giorno del 1996. Moglie e marito, secondo il racconto della teste, si sentono diverse volte quel pomeriggio anche perché avevano un appuntamento proprio per quella sera. L’ultima telefonata risale alle 20.30. Ilardo avrebbe informato la moglie che stava rientrando a casa. Mezz’ora dopo, mentre era in bagno, sentì i colpi di pistola. Prima si affacciò e poi scese giù: Luigi Ilardo era stato crivellato di colpi.
La vedova parla anche di uno strano furto in casa avvenuto ad aprile del 1996. Furono rubati diversi gioielli, un particolare emerso anche durante la scorsa udienza quando è stato interrogato uno degli investigatori che nel 1996 si era occupato dell’inchiesta sul delitto. I ladri – sempre secondo il racconto della teste – rubarono diversi preziosi aprendo la cassaforte con la chiave e senza alcuno scasso alla porta di ingresso. Un furto che avrebbe scosso molto Luigi Ilardo che commentò: “Hanno rubato nella mia chiesa”. Ad una domanda diretta del pm Concetta Strano ha detto di non sapere se in quella cassaforte oltre ai gioielli ci fossero documenti del marito. Alcuni dei gioielli rubati la vedova di Ilardo li riconobbe durante un servizio sull’arresto di Giovanni Brusca: in particolare due crocifissi che le furono regalati per la nascita dei suoi figli gemelli, per altro “non gli erano mai piaciuti”.
Concetta Strano, che non aveva mai saputo che Ilardo facesse il confidente, racconta di aver conosciuto un amico del marito che aveva un accento del nord. Gli era stato presentato come Bruno, solo dopo molti anni capì che si trattava del colonnello Michele Riccio. Uno dei figli di Ilardo si chiama Michele, appunto.
Sul banco degli interrogatori è salita Silvana Pappalardo, la bionda assicuratrice che avrebbe trascorso del tempo con Ilardo qualche ora prima dell’omicidio. La teste ricorda solamente che aveva frequentato Ilardo, precisando “solo per motivi di lavoro”, alcuni giorni prima della sua morte: glielo avrebbe presentato un potenziale cliente. A molte domande del pm ha risposto con “non ricordo”. Ma alle contestazioni di Pasquale Pacifico su quanto dichiarato nel 1996 agli inquirenti dice che “forse il giorno precedente aveva pranzato con lui”.
Il pm ha interrogato anche tre poliziotti, Paolo Maugeri era l’addetto alla centrale operativa e colloca con esattezza l’orario dell’omicidio: la prima telefonata al 113 arrivò alle 21.15. Francesco Manna, agente intervenuto sul posto, ha spiegato che si era occupato della perquisizione della macchina di Ilardo e di non aver trovato nulla di insolito.
E’ importante, invece, la testimonianza di Stefano Biasone della Scientifica che descrive nei particolare la scena del crimine. Nel 2013 lo stesso agente fece un sopralluogo per effettuare un riscontro alle parole di Eugenio Sturiale, collaboratore di giustizia che dice di aver assistito all’omicidio di Ilardo. Il punto indicato dal pentito – secondo quanto accertato dal poliziotto – permetteva di osservare il luogo del delitto.