PALERMO – Ci sono tre siciliani nel gioco grande del dopo-Referendum. Da oggi il presidente della Repubblica Segio Mattarella dovrà abbandonare il suo discreto angolo per andare sotto i riflettori: sarà lui il protagonista, colui che azionerà le leve del passato e del futuro. Passato e futuro che potrebbero avere facce e cognomi siculi: quelli di Piero Grasso e Angelino Alfano.
Inutile dire chi rappresenta ormai una storia destinata a concludersi e quale potrebbe essere il protagonista della stagione che verrà. La sconfitta, clamorosa nell’entità, del Sì alla riforma, non è solo di Matteo Renzi, nonostante il premier, a caldo, abbia voluto caricare sulle spalle le responsabilità della debacle. Ma il fallimento ha anche il volto siciliano del Ministro dell’Interno, con tutto ciò che rappresenta. Ossia il tramonto di un politico giovane e rampante che voleva farsi leader. Ma che ha finito per incagliarsi nelle secche di un partitino apparentemente strategico, nelle sabbie dei tradimenti, e nella convinzione di poter fare politica, di poter creare consenso sulle auto blu e i doppiopetti, grazie ai sottosegretari amici e qualche stentorea dichiarazione di legalità.
E invece, mentre gli italiani mollano uno schiaffo politico a Renzi, ma anche ad Alfano, monta l’inchiesta sul caso-Shalabayeva, la donna originaria del Kazakistan e moglie del discusso politico e banchiere kazako Mukhtar Ablyazov espulsa dall’Italia ad insapunto dello stesso Alfano perché ritenuta, sostanzialmente, una clandestina.
Mentre l’Italia va da un’altra parte, poi, il titolare – ancora per poche ore – del Viminale, ammortizza con apparente disinvoltura le notizie prima della pioggia di consulenze pubbliche alla moglie, poi della fortunata e fulminea carriera del fratello alle Poste. Eccolo, è lì che Alfano, dopo aver nutrito il poltronismo con una abbondante fornitura di equilibrismi (“Siamo il nuovo centrodestra che sta col nuovo centrosinistra…) ha buttato tutto via. Al punto da rendere quasi comiche le dichiarazioni a sostegno del Sì alla riforma: “Una riforma per i nostri figli”, ha detto, suscitando le ironie, anche sui social, dei tanti che replicavano: “I figli? Non gli è bastato il fratello?”.
E il ceffone politico ad Alfano si materializza scendendo nel dettaglio delle percentuali. Dal generale al particolare, insomma, ecco il particolarissimo fallimento di Angelino. Se in Italia, infatti, il Sì ha toccato appena il 40 per cento, e in Sicilia ha sfiorato il trenta, se vai nella città del Ministro, ad Agrigento, gli elettori favorevoli alla riforma sono stati uno su quattro: appena sopra il 25 per cento. E così, ecco che si materializza, al primo richiamo alle urne, l’entità di un partito, questa Area popolare, che sembra perdere consenso in misura direttamente proporzionale ai “pezzi” di moderati che tira dentro (dagli ex Udc siciliani a qualche ex seguace di Monti), e anche alle inchieste che hanno colpito, solo per stare alle ultimissime notizie, il sottosegretario siciliano di Angelino, cioè Giuseppe Castiglione (la vicenda è quello del Cara di Mineo), e il coordinatore in Sicilia di Ncd, cioè Francesco Cascio che, condannato in primo grado, dovrà anche lasciare l’Assemblea regionale.
Sipario, quindi. Che nella migliore tradizione si chiude per riaprirsi. E a tirare i cordoni, ecco il presidente della Repubblica, il siciliano Mattarella che riceverà questo pomeriggio le dimissioni di Matteo Renzi. A quel punto, via con le consultazioni. E una occhiata al prossimo futuro presidente. Quello che dovrà, magari, tirare le fila di una legge di stabilità che avrebbe dovuto dare carburante al Sì, e soprattutto di una legge elettorale che – finché una maggioranza esiste – potrà essere discussa e approvata con l’obiettivo di non lasciare l’Italia al Movimento di Grillo.
E uno dei nomi, è cosa nota da tempo, è proprio quello del presidente del Senato Piero Grasso. Uomo delle istituzioni, come piace dire, e anche del Partito democratico, ovviamente. Partito che – insieme alle ipotesi Franceschini e persino Padoan – potrebbe aggrapparsi a lui, nell’attesa di capire cosa succederà, anche in vista di un infuocato congresso del Pd nei prossimi mesi. Lui, il “saldissimo” Grasso simpaticamente definito da Pietrangelo Buttafuoco, nel suo “Buttanissima Sicilia”, campione dell’”annacamento”. Metafora che può tradursi nella formula politica: “Massimo movimento, col minimo spostamento”. Perché lo spostamento, oggi, potrebbe anche non servire. Si sta muovendo tutto, attorno a Grasso: e, da fermo, potrebbe trovarsi presto, grazie alla prima, vera decisione del conterraneo Mattarella, presidente del Consiglio.
La dichiarazione di Mattarella
Il presidente della Repubblica in una nota, dopo il voto di ieri ha ricordato che “Vi sono di fronte a noi impegni e scadenze di cui le istituzioni dovranno assicurare in ogni caso il rispetto, garantendo risposte all’altezza dei problemi del momento”. “L’Italia è un grande Paese con tante energie positive al suo interno. Anche per questo occorre che il clima politico, pur nella necessaria dialettica, sia improntato a serenità e rispetto reciproco”. “L’alta affluenza al voto, registratasi nel referendum di ieri, è la testimonianza di una democrazia solida, di un Paese appassionato, capace di partecipazione attiva”.