Pasqua di guerra, il difficile 'passaggio' verso la rinascita

Pasqua di guerra, il difficile ‘passaggio’ verso la rinascita

Una riflessione nel giorno della speranza

“Troppo sangue abbiamo visto, troppa violenza”: queste le parole pronunciate, nel corso delle celebrazioni di quella che egli stesso definì una Pasqua di guerra, da Papa Francesco nel 2022. Quest’anno, lo stesso dolore per una sconvolta umanità ha animato l’intimo dialogo con Cristo costituito dalle meditazioni della Via Crucis di Venerdì Santo, per la prima volta, nel corso del pontificato, scritte di persona dal Santo Padre. Parole profonde e dolenti identificano Gesù crocifisso coi sofferenti, coi bisognosi, con chi è spogliato di ogni dignità, “nei cristi umiliati dalla prepotenza e dall’ingiustizia, da guadagni iniqui fatti sulla pelle degli altri nell’indifferenza generale”.

Nella sequela di pensieri e invocazioni che compongono la preghiera che svela il cuore dell’uomo – ricordiamo che il 21 gennaio è ufficialmente iniziato l’Anno della Preghiera, che prelude al Giubileo del 2025 -, il Papa ha introdotto una Via Crucis avente come tema “In preghiera con Gesù sulla via della Croce”, sottolineando come la preghiera sia presente costantemente nelle giornate terrene di Gesù, persino di fronte all’angosciosa paura della morte. Nel corso delle quattordici stazioni, lo straziante cammino verso il Golgota, gli incontri lungo la salita, la presenza della Madre, tutto è preghiera nella via della Croce, ovvero della sofferenza offerta a Dio per amore dell’uomo.

Due note rilevanti per i tempi attuali: un posto importante ha “la grandezza delle donne”, che, come quelle ai piedi della Croce, pur senza voce si fanno sentire, ma che “ancora oggi vengono scartate, subendo oltraggi e violenze”. Inoltre, non è mancato un significativo riferimento alle nuove modalità di operare il male: la preghiera per coloro che vengono offesi sui social ha un posto di rilievo nelle meditazioni scritte dal Pontefice. “Gesù, tanti seguono il barbaro spettacolo della tua esecuzione e, senza conoscerti e senza conoscere la verità, emettono giudizi e condanne, gettando su di te infamia e disprezzo. Accade anche oggi” ha sottolineato Francesco, “e non serve nemmeno un macabro corteo: basta una tastiera per insultare e pubblicare sentenze”.

Oggi è Pasqua. Ancora una volta una Pasqua di guerra. Dall’ebraico Pesach, la festa durante la quale si celebrava il passaggio attraverso il mar Rosso del popolo di Israele dalla cattività d’Egitto alla libertà, Pasqua significa, appunto, passaggio: è la festa più solenne della cristianità, e celebrarla significa ricordare l’opera di redenzione che Cristo ha compiuto sia per il mondo cristiano, dato che il messaggio evangelico ha profondamente innovato la cultura nella quale si è originariamente espresso, che per la pluralità di contesti nei quali ha avuto una penetrante influenza. Ogni uomo, al di là della confessione di appartenenza, o che sia o meno credente, può essere portatore di pace, può promuovere un passaggio.

Tornando alla Via Crucis, nella prima stazione il silenzio di Gesù di fronte al processo farsesco che lo condanna, è assordante nella sua remissività: è un silenzio che l’uomo di oggi sconosce, perché non trova il tempo per riflettere; ma ne trova sempre per esprimere rabbia o odio. E la fiumana dell’odio ci sta travolgendo.

La nuova sfida che deve accettare una cultura modellata da due millenni di Cristianesimo richiede un vero rinnovamento, votato a trasformare questa visione contemporanea, materialista e fratricida, che influenza sempre più la concezione dell’uomo e della donna, della famiglia, dell’educazione, del lavoro, della produzione, della politica, dell’economia, ma, soprattutto, della libertà e della verità.

Ma non basta dirlo e ripeterlo: questo poteva essere sufficiente quando il destinatario del messaggio era ancora in fondamentale sintonia con il messaggio stesso, quando la sua storia personale, le sue tradizioni e tutto il contesto socio-culturale, gli consentivano di recepire e condividere ciò che di positivo gli veniva proposto. Nella congerie attuale potrebbero mancare le condizioni della sua ricezione prima ancora che della sua attuazione. Bisogna rifondare la capacità di discernimento tra giusto e ingiusto, tra bene e male, e rivitalizzare la volontà e la capacità di scegliere il bene.

Il buon esito di questa grande impresa esige un immenso impegno, e una adeguata formazione per creare là dove non esistono, o non sono efficaci, istituzioni atte a promuovere la cultura della pace, della solidarietà, che sappiano raggiungere il cuore. Il multiforme ingegno dell’uomo è chiamato a far rinascere la speranza, a farla esprimere e a sostenerla. E la posta in gioco è la salvaguardia di una storia millenaria, il passaggio verso una rinascita.

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