Passaporti scomparsi a Trapani, chiesta condanna poliziotto

Passaporti scomparsi a Trapani, chiesta la condanna di un poliziotto

L'ex poliziotto, adesso in pensione, è sotto processo davanti al giudice monocratico

TRAPANI – La condanna a due anni e mezzo di carcere è stata invocata dal pm Rosa Tumbarello per l’ex assistente capo di polizia Angelo Patriarca, 64 anni, in servizio al commissariato di Marsala fino al 15 marzo 2018, quando fu arrestato da suoi colleghi (quel giorno era a Roma e fu rinchiuso a Regina Coeli) nell’ambito di un’indagine su un giro di passaporti e di permessi di soggiorno in bianco sottratti alla questura di Trapani e rivenduti sul mercato clandestino.

L’ex poliziotto, adesso in pensione, è sotto processo davanti il giudice monocratico di Trapani Roberta Nodari. Tre anni e 4 mesi, invece, sono stati chiesti per il marocchino Rachid Dalal, di 39 anni, e l’assoluzione per la moglie Vita Annalisa Daunisi, anche loro residenti a Marsala.

Inizialmente, le accuse contestate ai tre furono associazione per delinquere finalizzata al peculato, furto, ricettazione e corruzione. Poi, la difesa del poliziotto riuscì, con ricorso al tribunale del riesame, a far riqualificare l’accusa nella meno grave truffa pluriaggravata e continuata ai danni dello Stato. Quindi, la procura di Trapani contestò il falso materiale commesso da pubblico ufficiale.

Subito dopo l’arresto, il poliziotto (poi tornato in libertà) fu sospeso dal servizio e messo a metà stipendio. Secondo l’accusa, Angelo Patriarca si presentò ai colleghi della questura “sotto falso nome” ed esibendo un’istanza del commissariato di Mazara del Vallo “contraffatta” si fece consegnare 400 moduli di passaporto in bianco. E solo due di questi furono, poi, recuperati. Dopo l’arresto, il poliziotto ammise di avere ricevuto denaro in cambio di “atti contrari ai doveri d’ufficio”.

L’indagine fu avviata perché negli aeroporti di Roma e Milano due extracomunitari vennero fermati in possesso di passaporti originali apparentemente regolari: c’era la filigrana della Repubblica Italiana, le firme, le foto, il numero di serie, ma al vaglio della lettura informatica il microchip non dava alcun risultato, nessun dato.

Segno che i passaporti non erano stati rilasciati legalmente. Interrogati dalla polizia di frontiera, uno dei due extracomunitari fermati ammise di aver pagato 3 mila euro per quel documento illegale.


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