Dybala, da bocciato alla Juventus | Una rivincita di sorrisi e sudore - Live Sicilia

Dybala, da bocciato alla Juventus | Una rivincita di sorrisi e sudore

Paulo Dybala (21), tre stagioni con la maglia del Palermo

Tre stagioni con la casacca rosanero, tra iniziali difficoltà e un finale da protagonista assoluto. L’avventura a Palermo di un talento prima bistrattato e poi osannato, su cui sin dall’incipit dell’esperienza nella Conca d’Oro aveva scommesso soltanto Maurizio Zamparini.

IL COLPO DI MERCATO
di
5 min di lettura

PALERMO – Luglio del 2012, pochi giorni al Festino di Santa Rosalia. Al termine di un’intervista telefonica rilasciata alla nostra redazione, Zamparini si concede una battuta: “Le dirò, in molti stanno criticando il mercato del Palermo. L’altra volta qualcuno mi disse ‘Perché prendi questo Dybala delle mie balle?’, ma vedrà che questo giovane farà bene”. In città si guardava con scetticismo a un investimento da 12 milioni per un ragazzo appena diciottenne proveniente dalla serie B argentina. Bisogna riconoscerlo, il presidente ci aveva visto lungo. Come con altri presunti artigiani, poi rivelatisi artisti, passati dal sarto delle divise rosanero per prendere le misure, indossare l’abito e rimetterlo in gruccia per vestire altri panni. Toni, Amauri, Sirigu, Pastore, solo per citare i più celebri, e adesso Dybala.

Il campioncino bistrattato da stampa e tifosi (promemoria per chi, negli ultimi mesi con incalzante e stucchevole insistenza, ha tentato di salire sul carro del partente, più che su quello del vincitore), ridotto a fare la spola tra infermeria, tribuna e panchina, poi dimenticato e, in ultima battuta, pescato dal mazzo di carte dei rimandati, insieme a Vazquez, da Beppe Iachini. Dopodiché gradualmente recuperato psicologicamente, atleticamente, sino a mostrare i primi segnali di rinascita nelle battute finali di un torneo di serie B vinto con altri giocatori, mentre si lavorava al futuro di una rosa chiamata a misurarsi con il massimo campionato. Il titolare è Belotti, si diceva. Hernandez, ammesso che rimanga, di certo non può sedere in panchina, anche Lafferty ha fatto il suo. Dybala è una scommessa. Che si rivelerà vinta, anzi stravinta, dal condottiero di Ascoli Piceno.

E si arriva al passato recente. Il bomber dell’under 21 finisce in panchina, l’uruguaiano e il nordirlandese migrano Oltremanica, mentre il folletto ex Instituto viene messo al centro del progetto tecnico. E su di lui ripiombano le pressioni di un cartellino pagato caro, anzi carissimo, anche perché a fine agosto il Tas stabilisce che il Palermo dovrà versare altri otto milioni di euro nelle casse della Pencilhill Limited di Gustavo Mascardi, che si aggiudica il contenzioso con la società di viale del Fante. I fantasmi di un fallimento tornano ad aleggiare su quello che, in seguito, sarebbe diventato “ù picciriddu” osannato dal cuore del tifo rosanero, ma che per il momento rimane niente di più dell’ennesimo campione di carta pesta dell’ultracentenaria storia del club. La sola maniera per zittire anche gli scettici della seconda ora consiste nel silenzio di una risposta sul campo. Responsabilizzato e cresciuto anche sotto il profilo mentale, Dybala inizia a incantare.

Gol nel vernissage contro la Sampdoria, numeri e giocate d’alta scuola in serie che cominciano a valere al gioiello di Laguna Larga proseliti, complimenti e improbabili rivisitazioni di condanne passate in giudicato, cosicché quelli che un tempo furono fischi e successivamente mugugni, magicamente si trasformano in applausi. Quotidiani e trasmissioni radio-televisive adesso raccontano di un attaccante moderno dalla classe cristallina, addirittura c’è chi va a rovistare tra gli estratti di nascita per verificare se vi siano le condizioni per una convocazione in maglia azzurra. Si muove in prima persona anche il ct Conte, ma Dybala è irremovibile: vuole giocare per l’albiceleste, per la sua Argentina. E spera in una chiamata in extremis per la Copa América, quando Tata Martino si sposta da un continente all’altro e giunge al “Barbera” per vederlo all’opera contro il Genoa. Niente da fare, appuntamento rimandato.

Zamparini, ben prima di questa visita gradita e inattesa, aveva cominciato a fiutare l’affare, ricevendo dall’insindacabile giudizio del campo la conferma di avere tra le mani un uomo mercato, seppur con un contratto in scadenza nel 2016: cercare un accordo per un rinnovo preventivo non è affatto semplice. Nella dialettica di trattative contraddistinte da parole grosse e nervi saldi, vola anche qualche accusa: “Il ragazzo sta cambiando”, tuona il patron. C’è il timore che possa ripetersi quanto accaduto con Muñoz prima e Barreto successivamente, tuttavia nel giro di poco tempo la querelle torna ad assumere i contorni di una liaison. Anche perché ci si deve ancora conquistare la salvezza, obiettivo che ha precedenza su tutto. Arrivano timide richieste dall’estero, mentre in Italia a muoversi concretamente è la Juventus di Agnelli.

Un segnale di stima che l’argentino dimostra di apprezzare, anche attraverso dichiarazioni ammiccanti ma intelligenti, senza mai dare la sensazione che il Palermo sia una fastidiosa palla al piede della quale liberarsi in maniera rapida e indolore. Paulino ci pensa su e matura la decisione, ove sia possibile, di rimanere in Italia per proseguire il proprio percorso di crescita professionale. Si muovono anche le altre big nazionali, ma di proposte vere e proprie non ne arrivano alla casella postale della dirigenza rosa. E la trattativa per l’approdo in bianconero avanza, a piccoli passi e sotto traccia. A inizio maggio, però, irrompe sulla scena Silvio Berlusconi, intenzionato a condurre la partita dello scacco matto alla Juve in prima persona. Convoca Zamparini ad Arcore e cerca di rilanciare: l’interesse è concreto, l’offerta del club di via Aldo Rossi merita ascolto.

Il colpo di teatro può far saltare il banco, tuttavia non basta al mattatore rossonero per interrompere la marcia dei campioni d’Italia verso un obiettivo individuato da tempo. Il Milan torna dietro le quinte, Zamparini stringe la mano a Marotta seguito a ruota dall’entourage dell’attaccante. Juventus-Dybala, si può fare. Si dovrebbe fare. Si fa. È il primo affare di un mercato che deve ancora vedere la luce. Titoli virtuali, a inchiostro, speakerati e in sovraimpressione invadono l’universo della passione per la sfera di cuoio. Questione chiusa. Ora c’è da terminare nel migliore dei modi con il Palermo. Da capitano. Magari con un’ultima pennellata d’autore su una tela che rimarrà comunque pezzo da museo dei ricordi della storia rosanero.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI