PALERMO – Non si placano le polemiche nel Pd palermitano per il voto a Sala delle Lapidi sul registro per le unioni civili. L’assenza in blocco del gruppo democratico ha infatti creato scalpore, soprattutto dentro il partito, che adesso si trova a fare i conti con la questione del doppio incarico di Teresa Piccione e della posizione politica di Carlo Di Pisa.
Ma andiamo con ordine. Dei tre consiglieri del Pd, infatti, nessuno era presente martedì sera alla votazione: la Piccione era impegnata alla Camera, Filoramo fuori Palermo e Di Pisa ha invece lasciato l’Aula prima della conclusione, anche se poi ha dichiarato che si sarebbe astenuto. E già ieri diversi esponenti democratici (da Ferrandelli a Faraone, da Scalfarotto a Cracolici, passando per Teresi) avevano puntato il dito contro l’assenza dei consiglieri al voto di un registro che, nel resto d’Italia, è uno dei vanti delle amministrazione a guida Pd.
Dose rincarata oggi, durante una conferenza stampa di Fabrizio Ferrandelli, Antonella Monastra e Ninni Terminelli a cui hanno partecipato anche il segretario provinciale Enzo Di Girolamo e il responsabile organizzativo Antonio Rubino. “Il Pd è il partito dei diritti, dello ius soli, che sostiene il Gay Pride – ha detto Di Girolamo – la vicenda del registro in consiglio comunale è stata gestita in maniera disgraziata, ma questo non mette in dubbio l’identità del partito. Affronteremo presto anche la questione del capogruppo e del doppio incarico, non previsto dal nostro statuto”.
La Piccione, infatti, oltre a essere capogruppo è anche deputato: una doppio incarico vietato dallo statuto del Pd. “Stiamo affrontando la questione in queste ore – aggiunge Rubino – non potevamo farlo prima perché subito dopo le Politiche la legislatura era in bilico e sarebbe stato assurdo far dimettere un consigliere che magari sarebbe stato deputato due giorni. Adesso che la legislatura sembra più stabile, affronteremo il problema. Ma sul registro stiamo parlando di problemi organizzativi interpretati come problemi politici”.
A dire il vero, però, Di Pisa ha detto più volte che si sarebbe astenuto se avesse partecipato alla votazione. “Ma questa è una sua posizione personale – continua Rubino – che non è in sintonia col Pd. Sui temi civili il Pd è chiaro, come dimostra l’agenda del candidato premier Bersani: chi nel Pd non è in sintonia con questi temi, non è in sintonia col Pd”.