Pd tra il voto e la paura "grillina" | Ma è ora di andare a casa - Live Sicilia

Pd tra il voto e la paura “grillina” | Ma è ora di andare a casa

Pippo Russo

Entrambi gli schieramenti  del Partito democratico temono la valanga Cinquestelle alle prossime regionali. E la loro reazione è diversa: elezioni anticipate o un nuovo rimpasto. Ma che c’azzecca tutto ciò con la catastrofe economica e sociale che sta travolgendo la Sicilia e i siciliani?

Pippo Russo
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Se volessimo spiegare, in estrema sintesi, perché il livello di frammentazione raggiunto è stupefacente, la situazione politica siciliana potremmo farlo avendo chiari due fronti contrapposti che hanno come ispiratori e registi da un lato Davide Faraone e la neo-formazione politica “Sicilia Futura” di Totò Cardinale e altri, che spingono per il voto a primavera; dall’altro Fausto Raciti, Antonello Cracolici e Udc (ambiguo l’Ncd) che, al contrario, vogliono arrivare alla fine naturale della legislatura.

Entrambi gli schieramenti temono la ormai quasi certa valanga grillina alle prossime elezioni regionali, ma il primo pensa di arginarla immediatamente, con l’apertura anticipata delle urne, con una massiccia operazione di riciclaggio che metta insieme il consenso organizzato e d’apparato del Pd e dei nuovi (vecchissimi) alleati, il secondo con un bel rimpasto, l’ennesimo, che consenta di formare un governo elettorale utile a raccogliere consenso attraverso l’esercizio del potere, quindi, nessuna fretta, anzi, più tempo si ha a disposizione meglio è.

Il perno centrale è rappresentato, comunque, dal Pd siciliano e, per parte di Faraone, nazionale. Una domanda: che c’azzecca tutto ciò con la catastrofe economica e sociale che sta travolgendo la Sicilia e i siciliani? Che c’azzecca tutto ciò con la buona politica e il bene comune? Nulla, assolutamente nulla. Nel frattempo, mentre si svolge lo scontro di potere nel Pd e dintorni, con personaggi, metodi e logiche che in era renziana dovrebbero risultare “rottamati”, la Sicilia in che mani è? Chi, in atto, al di là dell’assodato giudizio negativo sull’esecutivo regionale, sta guidando la Regione Siciliana, ammesso che qualcuno la stia guidando, in presenza di uno spaventoso problema finanziario? Crocetta o Faraone? La Giunta al completo o solo Baccei? Palazzo d’Orleans o Palazzo Chigi?

Da Roma fanno sapere che non vedremo nemmeno un euro. Se aggiungiamo, poi, i pessimi rapporti tra il governatore Crocetta e l’assessore renziano al bilancio Baccei che, invece, dovrebbero andare d’amore e d’accordo come, mi si conceda la battuta, una coppia di fatto, facciamo tombola. Qui, rendiamocene conto, la nave sta affondando e noi non sappiamo chi è il comandante e se i vari soggetti che si affollano sul ponte di comando stanno davvero cercando di evitare il peggio o se sono animati, direttamente o per delega, soltanto da ragioni di sopravvivenza, la loro.

In realtà, per il presidente del Consiglio e segretario nazionale del Pd, Matteo Renzi, il percorso per dare una prima risposta alla tragedia finanziaria, occupazionale e strutturale – pensiamo agli infiniti crolli sulla rete stradale e autostradale – che ha investito la Sicilia, dovrebbe essere semplice e lineare, se ha intenzione di occuparsene. Non si può con ostinazione, per attaccamento alla poltrona dei deputati seduti all’Ars, sostenere un governo regionale e, contemporaneamente e giustamente, commissariarlo per reiterate inadempienze su singole materie e impugnarne tutte le pseudo riforme per possibili profili di incostituzionalità.

Allora, si va tutti a casa e ci si ripresenta agli elettori con programmi e candidati all’altezza, in un corretto e virtuoso rapporto con lo Stato chiudendo le partite ancora in sofferenza. Che aspetta Renzi, invece di benedire penose operazioni di riciclaggio o dannosi rimpasti, a chiedere risolutamente, senza se e senza ma, la mozione di sfiducia a Crocetta e ad azzerare il gruppo dirigente del partito? Del resto, ha già commissariato le segreterie provinciali di Messina e di Enna. Che facciamo, a spizzichi e bocconi? Si rende conto che non c’è più tempo da perdere e che, in Sicilia, regione di oltre 4 milioni di elettori, ha compromesso seriamente la credibilità della sua “rivoluzione”? Qualunque escamotage “da casta”, tipo riciclaggi e rimpasti, insieme o in alternativa, serve solo alla vecchia politica, colpevole del disastro, per auto conservarsi.

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