Il pentito incastra i Santapaola: "Ecco gli affari di mio cognato”

Il pentito incastra la ‘famiglia’: “I Santapaola e gli affari di mio cognato”

Giovanni La Rosa fa nomi e cognomi

CATANIA – “Riconosco nella foto numero 1 il mio ex cognato Giuseppe Amoroso detto ‘Pippo l’avvocato’, che era il reggente del clan Toscano – Mazzaglia – Tomasello”. Dal controllo dei trasporti alle estorsioni, dal traffico di droga agli omicidi. Il pentito Giovanni La Rosa svela i retroscena della mafia catanese e incastra la sua ‘famiglia’: c’era un “patto” tra i clan locali e i Santapaola e il cognato aveva un ruolo di peso. Si tratta di un accordo pianificato per la gestione dei principali affari, da Acireale a Biancavilla, con la famiglia mafiosa catanese: l’unica in grado di stabilire le regole e garantire che fossero rispettate. Costi quel che costi.

Un nome di peso

Giovanni La Rosa, cognato del boss Pippo Amoroso, detto Pippo l’avvocato, è uno dei pentiti chiave delle inchieste sulla mafia etnea. Era autista di Alfredo Maglia, ammazzato nel 2013. Nel 2016 scattano le manette per Amoroso, finisce nel carcere di Bicocca proprio con La Rosa: “Lo incontrai e lui mi raccontò molte cose riguardanti il clan di Biancavilla e quello che era accaduto sino ad allora”.

“Mio cognato e il controllo della droga”

Uno dei principali affari del clan era il traffico di droga. Pippo Amoroso “mi raccontò ad esempio che lo stupefacente – dice il collaboratore – ovvero cocaina e marijuana la compravano da Nino Mazzaglia di Mascalucia del clan Santapaola-Ercolano, ed anzi io conosco anche a suo genero Mirko Casesa, e poi dello spaccio se ne occupava Gregorio Gangi che aveva vari ragazzi che spacciavano e la dava a loro”.

Il collaboratore parla anche dei rapporti del cognato con gli altri clan: “Dunque in sostanza Pippo Amoroso teneva i contatti con Mazzaglia ed acquistava lo stupefacente, poi materialmente Gregorio Gangi e Vincenzo Panebianco si occupavano di vendere la droga ad un prezzo maggiorato ai ragazzi che poi la spacciavano e che erano obbligati a comprare da loro la droga se volevano spacciare”.

Il pentito: “Gli altri affari di mio cognato”

Nell’operazione Ultimo Atto dei carabinieri La Rosa ha contribuito a disegnare la mappa del clan, partendo proprio dagli affari. “Mi raccontò anche Pippo Amoroso che lui e Gangi – dice il pentito – si occupavano di tutte le estorsioni nel senso che tutti i soldi arrivavano a loro”. Estorsioni e controllo dei trasporti, traffico di stupefacenti, attentati e omicidi. E un asse con i Santapaola(LEGGI TUTTI I NOMI), basato anche sulla gestione dei macchinari da gioco d’azzardo.

Il boss Amoroso avrebbe avuto il controllo di macchinette e videopoker installate nei bar e nelle sale giochi, grazie al patto con un imprenditore: C.S.. Un nome che non risulta nel registro degli indagati dell’operazione Ultimo Atto, ma che potrebbe essere nel mirino dei carabinieri. Il collaboratore non ha dubbi: “Un accordo con C.S., che ricordo aveva analoghi accordi anche con altri gruppi sempre facenti capo al clan Santapaola come i Santangelo di Adrano, gli Assinnata di Paternò, il gruppo di Acireale ed il gruppo di Mascalucia”.

Per il collaboratore, quindi, il clan Santapaola gestirebbe, attraverso un uomo di fiducia, il posizionamento dei videopoker e delle “macchinette” mangiasoldi nella provincia etnea.

Si tratta di “accordi” che risalgono al 2014, stipulati a cavallo tra omicidi e attentati, in uno dei momenti più caldi della storia del clan Toscano – Tomasello – Mazzaglia.

Il patto e i soldi

Un sistema capillare di controllo dei videopoker. In tutti i bar e nelle sale giochi potevano essere posizionate “soltanto” le “macchine” dell’uomo dei Santapaola. “L’accordo prevedeva che il clan – spiega il collaboratore – ad esempio Amoroso a Biancavilla, garantiva che solo C.S. poteva mettere tali macchinette da gioco nei bar o sale giochi, e di contro lui dava al gruppo mafioso una percentuale dei guadagni e lo stesso accadeva con tutti i gruppi del clan mafioso”.

Tensioni con gli altri clan

Il pentito ricorda anche episodi di tensioni con gli altri clan, per esempio i Laudani, detti ‘Mussi di ficurinia’. “Quando io ero libero ed era libero anche Pippo Amoroso – si legge nei verabli – circa tra il 2012 ed il 2013 il clan ovvero Pippo Amoroso ed Alfredo Maglia fecero togliere, dopo avere fatto dei danneggiamenti, le macchinette che distribuiscono automaticamente bevande o cibi o caffè che c’erano negli esercizi pubblici e che erano state messe da gente prima protetta da Omar Scaravilli del clan dei “mussi di ficurinia”. Subito dopo, Amoroso e Maglia avrebbero stipulato un accordo con l’uomo dei Santapaola, che “acquistò” direttamente le macchinette dei Laudani, facendole installare a Biancavilla.

Da quel momento, i Santapaola ottennero il monopolio delle macchinette per il gioco d’azzardo e per la vendita di bevande attraverso gli uomini del clan. Poi, nel 2013, Maglia fu crivellato di colpi: Giovanni La Rosa era il suo storico autista. Ma gli affari continuarono.


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