Ventisei anni fa, il piombo della mafia tentò di chiudere la bocca ad un giornalista, uno scrittore, un drammaturgo, un intellettuale senza tessera: oggi ricorre l’anniversario della morte di Giuseppe Fava e Catania lo ricorda con una serie di iniziative. Pippo Fava è, quindi, ancora vivo, nella vita di una città che, lui originario di Palazzolo Acreide, amava profondamente (anche se la paragonava ad una “puttana”) e nella sua storia. Oggi, alle 17, la Fondazione a lui dedicata ha organizzato il consueto omaggio davanti alla lapide che lo ricorda, in una strada a lui dedicata, proprio dove avvenne l’omicidio, alle 21,30 di un piovoso giovedì del 1984. Con cinque colpi di 7,65 la mafia di Nitto Santapaola, condannato per l’omicidio con sentenza definitiva, volle colpire l’uomo, il suo impegno e i cittadini (non molti in quegli anni a Catania) che lo sostenevano, attorno alla rivista di forte impegno antimafioso “I Siciliani”, da lui fondata e dove si denunciavano la criminalità organizzata e gli ambienti ad essa collusi. Un delitto sul quale non mancarono tentativi di depistagli e calunnie, un omicidio quasi perfetto, quindi, sul quale gravano sempre le ombre di una convergenza di interessi della criminalità mafiosa con la “Catania bene” dell’impresa.
Del significato dell’opera di Pippo Fava si parlerà, successivamente, alle 18, al Centro “Zo” di viale Africa, con un incontro pubblico sul tema “Come raccontare la mafia senza chiedere permesso”; seguirà la consegna del premio “Fava” a Sigfrido Ranucci, giornalista della trasmissione giornalistica di RaiTre Report. Nello scorso marzo, infatti, la testata di Milena Gabanelli ha realizzato un’inchiesta su Catania, da cui derivarono polemiche e strascichi giudiziari. Mario Ciancio Sanfilippo, diretto-editore del quotidiano “La Sicilia”, ha citato in giudizio civile la trasmissione. A metà gennaio, ci sarà la prima udienza al Tribunale civile di Roma.
Stasera, alle 20,30, nel ricordo del “giornalismo di domani”, fortemente voluto da Fava, si terrà, invece, nei locali dell’associazione di società civile “Cittainsieme” in via Siena, un incontro operativo dei giornalisti di base e di tutti i cittadini interessati alla libera informazione. Si discuterà di quanto sta accadendo nel campo dell’informazione a Catania, si faranno nuove proposte, sulla base di esperienze di giornali di quartiere, di informazione universitaria e di settimanali gratuiti nati in città e attivi da tempo.
Pippo Fava, quindi, continua ad essere al centro della riflessione della sua città, dove, comunque, per anni il suo ricordo è stato coltivato soltanto da minoranze impegnate sul fronte antimafia. C’è chi lo ha conosciuto nelle prime esperienze giornalistiche degli anni cinquanta e sessanta, chi quando era direttore responsabile del “Giornale del Sud”, chi come fondatore de “I Siciliani”, rivista antimafia nata, dopo il licenziamento dal primo, per sua volontà, con un pugno di “carusi”, i ragazzi da lui formati nel giornalismo. Numerosi sono stati i suoi lavori teatrali, il primo “Cronaca di un uomo” del 1966, Premio Vallecorsi e di narrativa. La Fondazione “Fava” ha proposto quest’anno la ristampa delle opere “La passione di Michele” e di “Prima che vi uccidano”. Vinse anche l’ “Orso d’oro” al Festival di Berlino nel 1980. Indimenticabili alcune sue interviste ad alcuni boss di Cosa Nostra, tra cui Calogero Vizzini e Giuseppe Genco Russo. In occasione del suo licenziamento dal “Giornale del Sud” realizzò “Lo spirito di un giornale”, un articolo in cui chiariva le linee guida che faceva seguire alla sua redazione: basarsi sulla verità per “realizzare giustizia e difendere la libertà”. In questa occasione, l’11 ottobre del 1981, Fava scrisse: “Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo”.
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