Pitti e il prestanome di Vacante |I titolari rischiano il processo - Live Sicilia

Pitti e il prestanome di Vacante |I titolari rischiano il processo

Fissata l'udienza preliminare, ecco cosa sta accadendo in tribunale. La replica della difesa.

Intestazione fittizia
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CATANIA – Si svolgerà all’inizio dell’estate davanti al Gup Anna Maggiore l’udienza preliminare per decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzato dal sostituto procuratore della Dda Rocco Liguori nei confronti dei titolari del ristorante Pitti di Catania, accusati di intestazione fittizia di beni. L’inchiesta, una costola dell’indagine Bulldog sulla rete di prestanome legata al santapaoliano Roberto Vacante, è quella che ha portato lo scorso settembre al sequestro preventivo eseguito dalla Squadra Mobile della società “San Giuliano srl” e di conseguenza del rinomato locale catanese di via Antonino di Sangiuliano.

E’ la figura di Salvatore Caruso, accusato nel processo Bulldog di essere una testa di legno di Roberto Vacante (il boss è già stato condannato in abbreviatoa far scattare il secondo filone investigativo. Gli approfondimenti economico-finanziari hanno evidenziato – secondo la tesi accusatoria – che le quote della San Giuliano srl sono state fittiziamente attribuite al socio unico Gianluca Giordano, compagno di Melinda Caruso, figlia di Salvatore. Caruso, la figlia e il compagno “al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale nei confronti di Salvatore Caruso, soggetto sottoposto ad indagini per il delitto di associazione mafiosa – si legge nella richiesta di rinvio a giudizio – attribuivano la titolarità dell’attività di ristorazione Pitti alla San Giuliano Srl”.

Gli imputati in totale sono cinque. Rischiano il processo oltre a Gianluca Giordano, difeso dagli avvocati Luca Blasi e Licinio La Terra Albanelli, Melinda Caruso, difesa dall’avvocato Giovanni Grasso, e Salvatore Caruso, detenuto per altra causa e difeso dall’avvocato Francesco Antille, anche Giuseppe Caruso, difeso dall’avvocato Margherita Ferraro, e Francesco Salamone, assistito dall’avvocato Leda Adamo.

Le indagini della Squadra Mobile hanno ricostruito la presunta distrazione di 100 mila euro dalle casse di un ristorante gestito da La Rena Rent Car, confiscata al termine del processo Bulldog, a quelle del Pitti. Giuseppe Caruso, figlio di Salvatore, è accusato dell’appropriazione indebita di circa 85.000 euro distratti dal ristorante sequestrato. A Gianluca Silvestro Giordano, Melinda Caruso e Francesco Salamone, è stata contestata l’appropriazione indebita: “in concorso tra loro – si legge nella richiesta di rinvio a giudizio del pm – si appropriavano di parte degli incassi del ristorante (sempre posto sotto sequestro). La Caruso in qualità di cassiera del ristorante e il Salamone quale addetto alla cassa in caso di assenza della Caruso”. A Gianluca Silvestro Giordano e Melinda Caruso è stata contestata l’appropriazione indebita di circa 12 mila euro attraverso l’utilizzo di un “Pos” mobile collegato ad un conto corrente intestato alla società San Giuliano (proprietaria del Pitti) dove confluivano parte degli incassi del ristorante posto sotto sequestro.

Il titolare del Pitti Gianluca Giordano sin dall’inizio, attraverso il suo collegio difensivo (avvocato Luca Blasi e Licinio La Terra Albanelli), ha sempre respinto ogni tipo di accusa avanzata dalla Procura evidenziando che la società Giordano Srl è “priva di interconnessioni”.


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