Più nonne per tutti - Live Sicilia

Più nonne per tutti

Un amore antico ed eterno che affonda le proprie radici nei ricordi: un presepe, una tazza di latte caldo con il miele quando avevi la febbre alta...

Domenica pomeriggio e il mio Palermo non gioca; e non perché in B si gioca di sabato. Siamo in serie A e tra qualche ora andrò allo stadio per il posticipo contro l’Inter. La più interessante tra le partite disponibili su Skypare quella dell’Olimpico con “il nostro” Zeman che sfida una delle sue tante ex-squadre. Passa un quarto d’ora e la partita è già finita, anche se il bello deve ancora arrivare. Dopo aver segnato il secondo gol, il giallorosso Florenzi, dribbla come un invasato l’abbraccio dei compagni puntando verso gli spalti. Salta la barriera tra la pista di atletica e la tribuna, risale le scale tre alla volta fino a quando non trova tra gli spettatori una vecchietta che scoppia in lacrime abbracciandolo. Scopriremo presto che la vecchietta è la sua prima tifosa: nonna Aurora di 82 anni. Gliel’aveva chiesto espressamente al nipotino: “Vengo per la prima volta allo stadio solo per te. Ma tu almeno degnami di un salutino”. E il nipotino esaudisce la richiesta ben oltre ogni aspettativa.

Le telecamere indugiano a lungo sull’abbraccio, testimone dell’eccezione alla regola secondo cui l’oggetto di attenzione di un calciatore verso l’altro sesso non può essere che una velina. Purtroppo, quando l’abbraccio si scioglie, esse ci riportano alla dura realtà del calcio italiano: l’arbitro Peruzzo punisce Florenzi mostrandogli il cartellino giallo. E mentre subito dopo leggo il labiale in super-HD di una bestemmia impunita, mi domando quale messaggio sia giunto agli occhi di un ragazzino seduto davanti alla TV come me. Mi chiedo se l’altissima valenza simbolica ed educativa del gesto di Florenzi non meritasse un gesto di comprensione e di clemenza, piuttosto che l’interpretazione così ottusamente fedele del regolamento. L’incanto, di colpo, svanisce. Ho conosciuto una sola delle mie nonne: si chiamava Dora, ma era d’oro. Avrei mille cose da raccontare su di lei: episodi allegri e tristi, insegnamenti che dopo tanti anni si stagliano fissi nella mia mente e nel mio cuore, modi di dire che trasmetto ai miei allievi (naturalmente, citando la fonte). Il gesto di Florenzi parla al cuore dei ragazzi, ma anche a quello di chi, come me, ragazzo lo fu. Ricorda che l’abbraccio di una nonna, che spesso è lesinato dai giovani, è qualcosa che non costa nulla, ma vale tantissimo. Qualcosa che prima o poi si rimpiangerà. Invita a non aver timore o vergogna di mostrare a tutti l’amore per i propri vecchi.

Un amore antico ed eterno che affonda le proprie radici nei ricordi: un presepe, una tazza di latte caldo con il miele quando avevi la febbre alta, quelle melanzane sott’olio che non sai ritrovare. Alle nonne si confidano cose che si celano ai genitori. Perché le nonne, emendate dall’ansia prestazionale che spesso attanaglia i genitori e corroborate dall’esperienza di chi sa guardar lontano anche se la strada da percorrere è breve, sanno sempre trovare la parola giusta. Con fermezza e con dolcezza. Il gesto di Florenzi mi ha in parte riconciliato con la categoria dei calciatori, definiti spesso come “mercenari” incapaci di rispettare nei comportamenti pubblici e privati i principi etici che sono fondamento dello sport.

Per non andar lontano nello spazio e nel tempo, ho ancora nelle orecchie le parole di quel galantuomo di Maradona che, invitato alla partita di beneficenza patrocinata dal Papa tifoso, aveva trovato il modo di lamentarsi della concomitante presenza all’Olimpico di uno sfascia-famiglie come Icardi. Ma guarda un po’ da quale pulpito viene la predica! O, ancora nello stesso stadio, la scena ignobile della trattativa con quell’altro signore, detto “Genny ‘a carogna”, per ottenere il permesso di giocare una finale di Coppa Italia dopo gli scontri che costarono la vita al povero Ciro Esposito. Ci chiediamo i perché della crisi che attanaglia il calcio italiano. Siamo pronti a incolpare gli stadi scomodi e fatiscenti, le difficoltà di acquisto dei biglietti, la concorrenza delle pay-TV, lo spezzatino dei calendari, la fine delle bandiere, l’invasione degli stranieri e il primato dei soldi sul sudore.

Tutto vero, tutto giusto. Ma penso che in cima a tutto ci sia altro. La situazione non potrà cambiare fino a quando gli stadi risuoneranno ancora di cori ignobili e di insulti. Fino a quando l’odore dell’erba tagliata sarà coperta dal puzzo del fumo dei petardi e dei lacrimogeni. Fino a quando gli spalti saranno popolati da poliziotti in assetto di guerra e da invasati pronti ad aggredirli e insultarli. Ce lo insegnano Florenzi e nonna Aurora: per tornare a gioire negli stadi servono più nonne e meno carogne.


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