Pizzo sull'affitto della macelleria | Assolta la famiglia Lo Piccolo - Live Sicilia

Pizzo sull’affitto della macelleria | Assolta la famiglia Lo Piccolo

La Corte d'appello ribalta il verdetto di primo grado. Cade l'accusa di estorsione contestata a Salvatore e Sandro Lo Piccolo, alla moglie del capomafia di San Lorenzo, Rosalia Di Trapani, e al collaboratore di giustizia Marcello Trapani.

PALERMO - LA SENTENZA D'APPELLO
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PALERMO – Tutti assolti. La terza sezione delle Corte d’appello ribalta il verdetto di primo grado. Cade l’accusa di estorsione contestata a Salvatore e Sandro Lo Piccolo, alla moglie del capomafia di San Lorenzo, Rosalia Di Trapani, e al collaboratore di giustizia Marcello Trapani. Erano tutti accusati di avere imposto il pizzo sull’affitto di un locale commerciale.

Secondo la ricostruzione della Procura, che non ha retto al vaglio dei giudici, Trapani, che dei Lo Piccolo era l’avvocato, sarebbe andato ben oltre il mandato legale, facendo da tramite fra l’imprenditore e la Di Trapani che, in assenza del marito e del figlio, si sarebbe occupata dell’estorsione. Per la donna, difesa dall’avvocato Giovanni Di Benedetto, in Tribunale era arrivata una condanna a otto anni di carcere. Più pesante – 15 anni ciascuno – quella inflitta al marito e al figlio della Di Trapani (avvocati Alessandro Campo e Salvatore Petronio). Un anno e otto mesi aveva avuto Marcello Trapani (avvocato Carlo Fabbri). Il verdetto è stato ribaltato.

La vicenda ruotava attorno all’affitto di una macelleria. Nel 2006 il commerciante Gioacchino Conigliaro avrebbe voluto aprire il negozio “Il mercatone della carne” in una palazzina di via Tommaso Natale. I locali erano di proprietà dell’imprenditore Pietro Mansueto che conosceva bene le dinamiche del territorio. E così avrebbe chiesto a Marcello Trapani, ex legale dei boss Lo Piccolo e oggi collaboratore di giustizia, di intercedere con Rosalia Di Trapani. Il tutto per ottenere il permesso di affittare i locali a Conigliaro. La donna, che aveva preso in mano gli affari del clan al posto del marito latitante, avrebbe dato il via libera all’operazione. In cambio, però, avrebbe chiesto il pizzo sull’affitto e la messa a posto dell’attività. Una ricostruzione che, però, non ha retto al vaglio dei giudici di appello che hanno mandato assolti gli imputati. Ci vorranno tre mesi per conoscere le motivazioni e sapere se saranno state accolte le tesi dei difensori, secondo cui nessuna estorsione era stata commessa. Anche Mansueto era stato condannato e poi assolto in appello.


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