Pm in politica, richiamo di Lo Voi| I professionisti dell'oltremafia - Live Sicilia

Pm in politica, richiamo di Lo Voi| I professionisti dell’oltremafia

Da Pietro Grasso ad Antonio Ingroia e non solo loro. I magistrati portano in dote misteri nella loro nuova carriera.

PALERMO – Servono nuove regole per la partecipazione dei magistrati alla vita politica. Le ha invocate il capo dei pubblici ministeri di Palermo, Francesco Lo Voi, alla recente inaugurazione dell’anno giudiziario. Perché l’abbandono della toga per la candidatura politica è ormai, più che una tendenza, un dato di fatto. Basta scorrere l’elenco dei magistrati seduti, a vario titolo, nelle poltrone parlamentari e di governo. Anche le più alte, come nel caso del presidente del Senato, Piero Grasso, che nella sua carriera è stato pretore di provincia, giudice a latere del Maxiprocesso, procuratore a Palermo e infine capo della Direzione nazionale antimafia.

“S’intuisce che Cosa nostra possa essere stata il braccio armato di altri interessi: di una strategia politica; di tipo economico legati agli appalti pubblici; o di entità deviate rispetto alle proprie funzioni istituzionali – ha dichiarato Grasso al Corriere della sera -. Purtroppo però non è stato possibile trovare le prove. Gli elementi per raggiungerle sono a conoscenza solo dei vertici dell’organizzazione, che non hanno collaborato con la giustizia”.

I magistrati portano in dote misteri nella loro nuova carriera. Più sono bui e più le carriere si illuminano. Non si presentano con una verità giudiziaria, ma sul piatto mettono la loro esperienza di pm che, in alcuni casi, non ha prodotto risultati. Per colpa delle entità deviate, si intende, delle canaglie istituzionali che non sono state smascherate e che diventano, a volte, il biglietto da visita per le carriere senza toga dei professionisti dell’oltremafia. La mafia c’è, ma pure i complotti. Si raggiunge il paradosso di smentire da politici cioè che si è affermato da magistrati.

Biglietto da visita Lo furono per Antonio Ingroia, ex procuratore aggiunto di Palermo che “grazie” al processo sulla trattativa Stato-mafia vestì i panni del rivoluzionario che combatteva da solo nel mondo di mezzo, dove i buoni fanno i patti con i cattivi. La candidatura a premier fallì, come la sua rivoluzione civile e quella del governatore siciliano Rosario Crocetta che lo ha accolto nel sottogoverno. Perché i magistrati sono come dei santini, utili da sventolare per nascondere le incapacità della politica e spacciarsi come duri e puri. Ed ecco che negli anni magistrati come Massimo Russo, Nicolò Marino,Vania Contrafatto sono stati stati scelti per guidare gli assessorati alla Sanità e all’Energia. E cioè quelli in cui più che una guida manageriale serve, così ritiene chi li ha nominati, il fare sbirresco al grido “legalità, legalità”.

Alcuni hanno inciampato, per colpe proprie e altrui. Massimo Russo era assessore della giunta di Raffaele Lombardo, il governatore travolto da un’inchiesta per mafia. “In certi momenti ci vuole più coraggio a rimanere piuttosto che andare via”, disse l’allora assessore alla Sanità. Anche perché, secondo Russo, Lombardo non poteva che essere estraneo ai fatti. Alla Funzione pubblica di quel governo c’era un altro magistrato, Caterina Chinnici, figlia di Rocco, giudice istruttore ucciso dalla mafia. Marino, scelto e poi allontanato da Criocetta, è incappato in una condanna, penale e civile, per avere accostato, nella sua battaglia moralizzatrice nella gestione dei rifiuti, il nome dei fratelli Catanzaro a quello di Bernardo Provenzano, il capo di Cosa nostra. Perché un pm, in verità, non sveste mai la toga. La politica li scimmiotta proprio per questo. Quando Crocetta lo scelse per la poltrona di commissario della provincia di Trapani, Antonio Ingroia non perse tempo. Si giocò subito la carta vincente: “Garantire ordine pulizia e legalità nella terra di Messina Denaro”.

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