ROMA – I politici “non hanno smesso di rubare; hanno smesso di vergognarsi. Rivendicano con sfrontatezza quel che prima facevano di nascosto. Dicono cose tipo: “Con i nostri soldi facciamo quello che ci pare”. Ma non sono soldi loro; sono dei contribuenti”. Lo afferma al Corriere della Sera, Piercamillo Davigo, presidente dell’Anm, spiegando che “prendere i corrotti è difficilissimo. Nessuno li denuncia, perché tutti hanno interesse al silenzio: per questo sarei favorevole alla non punibilità del primo che parla. Il punto non è aumentare le pene; è scoprire i reati. Anche con operazioni sotto copertura”.
Alla domanda se quindi si ruba più di prima, Davigo spiega: “Si ruba in modo meno organizzato. Tutto è lasciato all’iniziativa individuale o a gruppi temporanei. La corruzione è un reato seriale e diffusivo: chi lo commette, tende a ripeterlo, e a coinvolgere altri. Questo dà vita a un mercato illegale, che tende ad autoregolamentarsi: se il corruttore non paga, nessuno si fiderà più di lui. Ma se l’autoregolamentazione non funziona più, allora interviene un soggetto esterno a regolare il mercato: la criminalità organizzata”.
Dopo Mani Pulite, prosegue Davigo, “hanno vinto i corrotti, abbiamo migliorato la specie predata: abbiamo preso le zebre lente, le altre sono diventate più veloci”. A fermare quel pool “cominciò Berlusconi, con il decreto Biondi; ma nell’alternanza tra i due schieramenti, l’unica differenza fu che la destra le fece così grosse e così male che non hanno funzionato; la sinistra le fece in modo mirato. Non dico che ci abbiano messi in ginocchio; ma un po’ genuflessi sì”. Il governo Renzi? “Fa le stesse cose – dice Davigo -. Aumenta le soglie di rilevanza penale. Aumenta la circolazione dei contanti, con la scusa risibile che i pensionati non hanno dimestichezza con le carte di credito”.
Sulla responsabilità civile dei magistrati, il presidente dell’Anm parla di norme ridicole: “L’unica conseguenza è che ora pago 30 euro l’anno in più per la mia polizza: questo la dice lunga sulla ridicolaggine delle norme. Tutti abbiamo un’assicurazione. Non siamo preoccupati per la responsabilità civile, ma per la mancanza di un filtro. Se contro un magistrato viene intentata una causa, anche manifestamente infondata, gli verrà la tentazione di difendersi; ma così non farà più il processo, e potrà essere ricusato. È il modo sbagliato per affrontare un problema serio: perché anche i magistrati sbagliano”. Sul rapporto tra toghe e Palazzo, Davigo osserva: “I magistrati avendo guarentigie non sono abituati al criterio di rappresentanza: per questo sovente sono pessimi politici”.
A Davigo replica Luca Palamara, ex presidente dell’Anm: “Non e’ il momento di alimentare un inutile scontro tra politica e magistratura”, “non bisogna avere nostalgia del passato”. Secondo Palamara “dobbiamo ribadire con forza il tema dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura e chiedere alla politica di essere messi nelle condizioni di lavorare ma non dobbiamo cadere nella trappola del conflitto, che spesso ha tanti nostalgici. Portare la magistratura sul tema del conflitto fa notizia – ancora – ma noi dobbiamo evitare di essere trasportati su questo terreno”. Pur esprimendo le sue critiche all’attuale presidente dell’Anm, Palamara ha riconosciuto il “ruolo importante” che ha svolto Davigo nella “storia giudiziaria di questo Paese”.
“Le parole di Davigo fanno paura ai magistrati. Cerca la rissa ma non la troverà. Giudici parlino con sentenze noi rispettiamo il loro lavoro”. Così David Ermini, responsabile Giustizia della segreteria del PD, in un commento su Twitter.