CATANIA – La luce della Pasqua, Sofia ce l’ha negli occhi. Lei, che come tante altre bambine, con la sua mamma è una piccola ospite dei locali della Caritas Diocesana di Catania. Hanno trascorso qui la notte. Non ci saranno uova di cioccolato da scartare, ma un letto caldo e un tetto sopra la testa possono bastare. Uomini, donne, italiani, stranieri, adulti e giovani, tantissime le storie cui fanno fronte ogni giorno i volontari della Diocesi etnea, in un via vai di disperati, molto spesso invisibili, che chiedono soltanto un aiuto.
“Tutti i dormitori sono strapieni – a dirlo è il direttore della Caritas Diocesana etnea Don Enzo Algeri – Non c’è spazio, ci sarebbe bisogno di ulteriori sale da mettere a disposizione dei bisognosi”. E sarebbe proprio questa, a sentir parlare padre Algeri, la prima richiesta da fare al futuro sindaco della città. “Quella dei dormitori è una vera emergenza, noi non abbiamo la bacchetta magica, ed anche se il nostro obiettivo è quello di creare le condizioni più idonee per fare in modo che chi si rivolge a noi riprenda in mano la proprio vita, abbiamo un disperato bisogno di nuovi posti letto”.
I progetti della Caritas vengono finanziati dall’ 8×1000 e il loro operato va avanti anche grazie alle donazioni, alimentari e non, dei volontari. “Una mano dai servizi sociali ci sarebbe davvero d’aiuto. Quello che fa più male è la consapevolezza da parte degli amministratori dell’inoperatività dei servizi che dovrebbero essere messi invece a disposizione”.
E se una volta il termine “povero” lo si attribuiva a chi viveva in condizioni di estrema difficoltà, oggi, purtroppo, i poveri sono molto più di ciò che si pensa. Povero è il disoccupato, il padre di famiglia sfrattato, una mamma abbandonata che non sa più dove andare. Triste fotografia di una società in ginocchio, alla riconquista della dignità. Perché se l’Help Center situato nei pressi della Stazione Centrale, è per la maggior parte dei casi frequentato da uomini di nazionalità non italiana, “in via Acquicella – continua Don Algeri – nel nostro Centro di Ascolto, assistiamo quotidianamente a drammatiche testimonianze di povertà che si manifestano dietro le porte dei nostri vicini di casa.
Tante le famiglie che si rivolgono ai nostri volontari, la maggior parte di loro sono catanesi, più del 30% delle richieste totali d’aiuto partono proprio da nostri concittadini”. In primis è la mancanza di lavoro a produrre un così elevato tasso di povertà. Perché povero lo si diventa da un giorno all’altro, ed anche a livello psicologico rendersene conto è una sofferenza che nei casi più gravi può diventare un corridoio che porta dritto al suicidio. L’effetto domino, dunque, fa paura, ma come è possibile uscire da questo tunnel?
“Bisogna avere speranza. E’ un momento critico per tutti – conclude Don Algeri – ognuno di noi deve sentirsi responsabile. Ogni piccolo contributo, unendosi ad un altro, dà vita a un insieme di piccoli contributi che visti dall’alto però non sono altro che un grande, immane, aiuto per chi ne ha bisogno. Dobbiamo avere fede”.
E, in fondo, la parola Pasqua significa proprio passaggio, un ritorno alla vita. Che possa allora questa Pasqua ricondurre alla vita, quanti oggi sopravvivono ed hanno perso la speranza.