Una vita da lavoratori precari | La carriera nel limbo di 5mila Asu - Live Sicilia

Una vita da lavoratori precari | La carriera nel limbo di 5mila Asu

Una protesta dei lavoratori Asu a Palermo (Foto d'archivio)

La categoria nacque nel 1981. Da allora tante promesse di stabilizzazione rimaste tali.

PALERMO – Mentre in città il bacino di lavoratori conosciuti come “ex Pip” sta ancora festeggiando la stabilizzazione nell’organico della partecipata regionale Resais, c’è un folto numero di precari che rimane a guardare. Un caso su tutti è rappresentato dagli oltre 5mila Asu, i lavoratori socialmente utili. Dislocati in punti strategici dell’amministrazione pubblica come comuni, uffici, ospedali, Asp e siti culturali, oppure riuniti in cooperative private, associazioni e parrocchie, questi lavoratori continuano a svolgere le loro mansioni percependo lo stesso sussidio stabilito più di 20 anni fa. Una vera e propria “tariffa fissa” che non prevede alcun tipo di indennità aggiuntiva: negli anni ’90 era di circa 800 mila lire, oggi in euro sono poco più di 500.

La categoria nacque nel 1981 quando il governo nazionale in collaborazione con le regioni del Mezzogiorno decise di dare un sostegno ai lavoratori in cassa integrazione speciale a fronte di un impegno in attività socialmente utili presso enti pubblici o privati. Dopo circa dieci anni la normativa mutò e per cercare di arginare il tasso di disoccupazione che da sempre ha penalizzato il Sud d’Italia, Roma nel ’95 decise di estendere la possibilità di inserire nella categoria anche lavoratori in mobilità, disoccupati iscritti da più di 24 mesi nelle liste di collocamento, i lavoratori iscritti alle liste di mobilità con o senza indennità, le categorie di lavoratori individuati dalle CRI (commissioni regionali per l’Impiego) e i lavoratori in disoccupazione speciale edile. Così il piccolo esercito di precari ha cominciato a ingrossare le sue fila, raggiungendo nel ’99 il numero record di circa 170mila lavoratori socialmente utili. Quando nel 2000 il Ministero del Lavoro decise di tagliare i fondi e obbligò le Regioni a stabilizzare o eliminare i progetti diretti a questo bacino di lavoratori, in base ai dati forniti dall’Inps, l’ente tramite il quale viene erogato il sussidio economico, il numero di Asu scese notevolmente in tutte le altre regioni ad eccezione della Sicilia. 

In linea teorica questa categoria dovrebbe lavorare al massimo 20 ore a settimana e sempre in mansioni di supporto ai dipendenti contrattualizzati, oggi non sembra essere così: “Vista la carenza di personale, molto spesso questi lavoratori suppliscono in tutto e per tutto nelle attività che dovrebbero svolgere i dipendenti – spiega Rosario Greco, coordinatore provinciale Confintesa per i precari -”. Ma nonostante l’elevato numero che compone il bacino, la formazione ormai acquisita da questi dipendenti e le necessità di organico della pubblica amministrazione siciliana, la stabilizzazione degli Asu sembra essere ancora un miraggio. Intanto in base alla legge nazionale del 2000 ed a una recentissima legge regionale, la 8/2017 che avrebbe dovuto avviare un percorso di stabilizzazione per questi precari, dovrebbe essere la Regione stessa a trovare una collocazione a questi lavoratori all’interno di strutture in grado di sostenere l’onere di contratti a tempo indeterminato, in primis ai 1.200 operatori attualmente impiegati in enti privati e cooperative. Ad occuparsi di questo censimento al momento è l’assessorato regionale del Lavoro che, nel corso di un tavolo tecnico istituito lo scorso 3 maggio, ha già annunciato che non solo le strutture private in cui sono impegnati attualmente non sono in grado di stabilizzarli, ma che anche i lavoratori dei comuni e degli enti pubblici al momento non hanno speranze di essere assunti. 

Così gli Asu, che fino ad ora sono andati avanti con contratti semestrali, annuali o triennali, dovranno ancora attendere e sperare. Potranno stare tranquilli fino al 31 dicembre del 2019 data di scadenza dell’ultima convenzione siglata nel 2016.“Speravamo che nel corso dell’incontro con l’assessorato, il governo ponesse sul tavolo soluzioni utili – ha sottolineato Greco – ed invece chiede a noi e ai sindacati di fare delle proposte. Per quanto ci riguarda riteniamo che al momento l’unica strada percorribile sia quella di far confluire anche questi lavoratori nelle partecipate regionali. E’ davvero incomprensibile la decisione di lasciare fuori dall’ultima finanziaria il bacino Asu. Adesso appare opportuno correre ai ripari al più presto”.


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