Processo Ciancico, il difensore: | “Richiesta di pena non congrua” - Live Sicilia

Processo Ciancico, il difensore: | “Richiesta di pena non congrua”

Il verdetto del Tribunale, dopo eventuali repliche, dovrebbe arrivare a metà settembre.

CATANIA – Il processo che vede imputato il notaio Vincenzo Ciancico per truffa, falso e peculato è in dirittura di arrivo. Durante l’udienza odierna, il difensore del noto professionista catanese, il legale Giovanni Grasso ha riproposto i termini del patteggiamento, rifiutato dal Pm Tiziana Laudani prima dell’inizio del dibattimento. Tre anni, il minimo della pena, a fronte della richiesta del Pm: nove anni di reclusione e la confisca di una somma cospicua di denaro che si aggira intorno a un milione di euro. “Una pena incongrua senza nessuna attenuante: eccessiva e sproporzionata rispetto ai fatti avvenuti”, secondo Grasso che ha argomentato la sua richiesta nel corso di una lunga arringa difensiva ricca di tecnicismi giuridici e di riferimenti a diverse sentenze della Corte di Cassazione. All’origine del procedimento c’è la comunicazione inviata dal consiglio notarile alla Procura che comunicava alcune “condotte irregolari”. L’Agenzia delle entrate aveva infatti segnalato al consiglio alcune anomalie nei pagamenti delle imposte relativi ad alcuni atti trasmessi dal notaio Ciancico. Il lavoro degli inquirenti prese le mosse da alcune difformità presenti negli atti originali e quelli trasmessi all’Agenzia delle Entrate dal professionista. “Il notaio utilizzando il suddetto espediente, mediante l’alterazione dell’atto originale, effettuava una autoliquidazione delle imposte, per ogni singolo atto in rilievo, di gran lunga inferiore rispetto a quella effettivamente dovuta, cosicché il professionista versava all’Erario una somma minima rispetto a quella che avrebbe dovuto essere corrisposta e contestualmente si appropriava della ben più cospicua somma già versatagli dai clienti e di immediata ed esclusiva pertinenza dell’Erario”, scriveva il Pm nella richiesta di custodia cautelare contestando il reato di falso in atti pubblico.

Un’accusa che Grasso ha tentato di mettere in crisi durante l’udienza di oggi. Secondo il legale, infatti, l’impostazione che sta alla base dell’accusa sarebbe sbagliata e non ci sarebbe alcuna alterazione perché non si tratterebbe di atti pubblici nella misura in cui il modello unico informatico che compilano i notai comprende anche altri documenti e la firma digitale apposta nella copia telematica non sarebbe una firma ma “uno strumento per il riconoscimento del notaio, una sorta di codice per verificare l’identità dell’utente”. La firma digitale, insomma, non dimostrerebbe “l’efficacia probatoria dell’atto e non sarebbe una copia nel senso stretto del termine”. Secondo questa impostazione verrebbe a cadere l’accusa di falso. Secondo il legale non si tratterebbe di falso documentale, al massimo di falso ideologico che riguarda i certificati amministrativi: ipotesi comunque scartata da Grasso. L’accusa di peculato, invece, poggiava sull’appropriazione delle somme trovandosi a svolgere il ruolo di pubblico ufficiale e la truffa per i casi in cui il notaio avrebbe omesso di comunicare ai clienti che avevano la possibilità di usufruire di agevolazioni fiscali, una comunicazione che invece veniva fatta all’Agenzia delle Entrate consentendo al notaio di appropriarsi così della differenza. In questo la linea difensiva di Grasso si è concentrata sulla differenza tra peculato e truffa aggravata citando una sentenza della Corte di Cassazione del 2008 nella quale si sottolinea che la differenza sostanziale tra i due reati risiede “nella modalità in cui si acquisisce il possesso di denaro” scartando così l’accusa di peculato e tenendo in piedi quella di truffa aggravata che secondo Grasso verrebbe prescritta. Il legale si è poi concentrato sulle attenuanti, alla luce “del comportamento processuale di Ciancico e delle sue condizioni di salute” (“una forte compromissione delle facoltà di giudizio”) e del risarcimento del danno (“la restituzione totale o parziale del denaro”). Grasso chiede che sia accolta la richiesta di patteggiamento, avanzata durante l’udienza preliminare, e che siano rigettate la confisca e le richieste risarcitorie. Il verdetto del Tribunale, dopo eventuali repliche, dovrebbe arrivare a metà settembre.

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