05 Luglio 2013, 07:00
4 min di lettura
CATANIA – Spirito imprenditoriale e nuove forme d’investimento per riciclare milioni di euro. Sono queste le due linee guida che hanno contraddistinto gli affari della famiglia Santapaola-Ercolano di Catania per un decennio. A sottolinearlo, dati alla mano, durante il processo “Iblis” è stato il Maggiore del Ros Lucio Arcidiacono, alla guida della “Sezione anticrimine” di Catania dall’ottobre 2006. Non solo il racket delle estorsioni e il fiorente mercato della droga, nel processo su mafia, politica e imprenditoria, c’è la conferma che i settori che fanno più gola al crimine sono soprattutto altri.
I boss di Cosa nostra negli anni si sono trasformati in dei veri e propri discepoli di Eolo pronti ad inserirsi nella costruzione di parchi eolici in giro per l’isola, tessere rapporti con “colletti bianchi” come “il signore del vento” Vito Nicastri senza però dimenticare la rete interna dell’organizzazione, quella mantenuta in vita attraverso un fitto scambio di “pizzini” tra i vari capi provincia.
I parchi eolici. Tra i tanti rapporti ricostruiti da Arcidiacono ci sono quelli emersi tra Franco Costanzo “pagnotta”, condannato nel rito abbreviato del procedimento Iblis poiché ritenuto reggente di Palagonia, e Salvatore Angelo imprenditore di Salemi legato a stretto giro al super latitante Matteo Messina Denaro oltre che a Vito Nicastri vero e proprio deus ex machina nella gestione degli affari, in Sicilia e Calabria, collegati allo sfruttamento delle energie alternative. I contatti tra i rappresentati di Catania e Trapani, riferisce il Maggiore, sarebbero emersi subito dopo l’arresto di Salvatore e Sandro Lo Piccolo, successori di Bernardo Provenzano e vicini all’ala oltranzista, avversa ai principali imputati del processo “Iblis”, allora capitanata da Angelo Santapaola.
Gli affari più remunerativi in provincia di Catania di Nicastri erano però quelli che, secondo l’ufficiale del Ros, venivano intrecciati con Mario Scinardo, allevatore di Capizzi in provincia di Messina con una spiccata passione per le pale eoliche “Interscambiava i ruoli con Nicastri – spiega il Maggiore al Pm Santonocito – soprattutto a Vizzini in due parchi eolici; in uno il progetto venne portato avanti da Nicastri e poi realizzato da una società di Scinardo in subappalto, nell’altro era stato Scinardo ad occuparsi delle pratiche burocratiche per poi vendere il pacchetto ad una multinazionale. La realizzazione venne poi gestita comunque da Scinardo e Nicastri”. Un imprenditore particolarmente attivo, Scinardo, tanto da essere conteso nella guerra interna tra Vincenzo Aiello e Angelo Santapaola. La lista dei “colletti bianchi” citati in aula da Arcidiacono comprende anche altri imprenditori: Vincenzo Basilotta, “re del movimento terra” originario di Castel di Iudica che “ha lavorato nella realizzazione del parco eolico di Ramacca” ma anche Santo Massimino, imputato in questo processo, più volte fotografato in un bar in contrada “Sferro” con il boss Vincenzo Aiello e i suoi fidati picciotti, tutti finiti dietro le sbarre. Gli affari tra Salemi e la provincia di Catania non si limitavano però solo al “vento”. Nel 2008 ad emergere era l’interesse da parte della “famiglia” catanese per una ditta di Salemi, vincitrice della gara d’appalto per la realizzazione di una strada provinciale a Ramacca. In quell’occasione le cimici captarono una telefonata tra lo stesso Costanzo e il figlio di Angelo. Da concordare c’era l’inserimento nel lavoro di un imprenditore del movimento terra vicino a Cosa nostra catanese.
I rapporti con la provincia di Agrigento. “Nel 2004 – spiega il Maggiore Arcidiacono – c’era stata una fitta corrispondente tra Provenzano e Falsone per dei rapporti con i catanesi in relazione ad alcuni affari ad Agrigento”. Il business in questione era quello della grossa distribuzione. Non solo il marchio Despar, legato in Sicilia in maniera indelebile agli imprenditori condannati in appello per mafia Giuseppe Grigoli e Sebastiano Scuto, ma anche quello Eurospin. Punti vendita da aprire nell’agrigentino, nel territorio di Palagonia e addirittura in Toscana, il tutto con la benedizione arrivata da colui che dagli intercettati veniva chiamato “il grande zio”, Bernardo Provenzano. Nell’affare ad emergere è anche un altro “colletto bianco”, l’ex addetto allo sviluppo di Eurospin Sicilia Fernando Bonanno. L’uomo recentemente condannato in appello a 4 anni e 8 mesi per essere ritenuto uno dei prestanome del capomafia di Agrigento Giuseppe Falsone, avrebbe avuto un ruolo da intermediario per la nascita dei punti vendita. Interessi in comune e incontri diretti, come quello avvenuto tra il boss Rosario Di Dio e Franco Costanzo, come spiegato in aula da Arcidiacono, nella sede catanese di Eurospin. “Si compravano dei terreni agricoli – spiega il teste – a fronte di un cambio di destinazione d’uso per utilizzo commerciale, Di Dio diceva che non ci sarebbero stati problemi vista la vicinanza con Antonino Sangiorgi e Fausto Fagone (ai tempi rispettivamente consigliere provinciale il primo e sindaco di Palagonia e deputato regionale il secondo). I terreni in questione, che vennero venduti nel 2009 per la cifra di 570mila euro, appartenevano a una società, la COS s.r.l., riconducibile alla moglie del cognato dello stesso Sangiorgi.
Pubblicato il
05 Luglio 2013, 07:00