Processo Mineo-Galatolo | I "non ricordo" dei testimoni - Live Sicilia

Processo Mineo-Galatolo | I “non ricordo” dei testimoni

Franco Mineo

Al processo che vede imputato l'ex parlamentare regionale Franco Mineo tre commercialisti salgono sul banco dei testimoni. Sono i fratelli Alessandro, Filippo e Domenico Franzone. Uno di loro: "Le intercettazioni? Non ricordo di avere detto quelle frasi".

PALERMO. SENTENZA IL 16 GIUGNO
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PALERMO – Una deposizione piena di “non ricordo” e di richiami del presidente del Tribunale perché “i testimoni in un’aula di giustizia hanno l’obbligo, sotto giuramento, di dire la verità”.

Al processo Galatolo-Mineo tre commercialisti salgono sul banco dei testimoni. Sono i fratelli Alessandro, Filippo e Domenico Franzone. La settimana scorsa, dopo sette ore di camera di consiglio, è arrivato il colpo di scena. Il collegio, presiduto da Pietro Falcone, decise di rinviare il verdetto. Bisognava sentire, (risentire nel caso di Domenico Franzone) i tre fratelli. Il nome dei commercialisti, toscani di origine ma con studio a Palermo, saltava fuori nelle conversazioni intercettate dagli investigatori della Dia.

Intestazione fittizia di beni aggravata, malversazione, peculato e usura. In Tribunale Franco Mineo si sta difendendo da queste accuse. Per lui è stata chiesta una condanna a otto anni e otto mesi. Sotto processo assieme all’ex parlamentare regionale c’è Angelo Galatolo, membro di una famiglia di cui fanno parte gli storici capimafia dell’Acquasanta, che rischia una condanna a 16 anni per associazione mafiosa.

L’indagine prese le mosse nel 2010 da una perquisizione nello studio Franzone in via Montepellegrino. Gli uomini della Direzione investigativa antimafia trovarono due appunti scritti a mano. Una sorta di promemoria per il passaggio di proprietà di alcuni immobili, dissero gli investigatori. Accanto al nome dell’acquirente c’era scritto: “Compra Angelo G.” Dalle visure catastali emerse che i locali erano in realtà di proprietà di Mineo. Da qui l’ipotesi che il parlamentare ed ex assessore al Comune di Palermo avesse comprato gli immobili per conto di Galatolo, di cui sarebbe un prestanome, e a cui sarebbero finiti i soldi degli affitti.

Alessandro Franzone ha detto di non conoscere Angelo Galatolo, di averlo incontrato “una o due volte in studio, me lo ha presentato mio fratello”. Non era un cliente, però. Strano che il testimone si sia ricordato, hanno fatto notare i pm Piero Padova e Dario Scaletta, a sette ani di distanza dall’incontro, di una persona che ha detto di avere visto soltanto una o due volte. Il perché di quella presenza in studio l’ha spiegato Filippo Franzone: “È venuto in studio per un preventivo. Voleva che seguissimo la sua azienda che aveva interessi in alcuni immobili in via don Orione. Mio fratello aveva la delega per venderli”. Si tratta degli immobili che, secondo l’accusa, sarebbero stati comprati da Mineo con i soldi di Galatolo.

Poi, è toccato a Domenico Franzone. La sua testimonianza è stata quella che ha “indispettito” di più il collegio. Gli appunti manoscritti sequestrati nello studio erano scritti da lui. Accanto ad ogni immobile c’era una cifra. Secondo Franzone, si trattava delle indicazioni sui soldi incassati per la vendita e gli utili ottenuti. Strano, gli ha contestato il presidente, visto che al momento del sequestro dell’appunto l’affare non si era ancora concluso.

In aula è stato riletto il passaggio di un’intercettazione. Nello studio di via Montepellegrino furono piazzate le microspie. Il 17 gennaio 2005 i fratelli Filippo e Domenico Franzone discutevano con un certo Enzo Cicero. Gli chiedevano se avesse disponibilità di banconote da 500 euro con cui cambiare 340.000 euro, tutti in piccolo taglio, per problemi di spazio. “Chi meglio di una banca per questo tipo di servizio?”, si chiedeva Cicero. E Domenico Franzone subito precisava che “…non deve essere registrata la cosa… per non dare nell’occhio…”. Il commercialista si è detto sorpreso delle sue stesse parole: “Mai avuto queste somme di denaro. Mai ricevuto soldi da Galatolo. Non ricordo di avere detto queste frasi.”. Scusi, gli ha chiesto il presidente Falcone, perché aveva necessità di banconote di grosso taglio? “Elucubrazioni”, ha risposto Franzone.

Accusa e difese restano ferme sulle proprie posizioni. Secondo i pm, “le contraddizioni” dei commercialisti confermerebbero la bontà delle indagini. I 340 mila euro sarebbero i soldi con cui Galatolo ha comprato gli immobili (da cui la scritta “Compra Angelo G” dell’appunto sequestrato) intestandoli a Mineo. Per i difensori degli imputati – gli avvocati Ninni Reina e Angelo Mangione per l’ex parlamentare e Giuseppe Di Peri per Galatolo – sarebbe, al contrario, la conferma che non c’è certezza che il denaro appartenesse a Galatolo. I soldi di cui si parla nell’intercettazione riguarderebbe la vendita di un immobile da parte dei Franzone e totalmente estranea alla vicenda processuale. La sentenza il prossimo 16 giugno.

 


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