Procure, governo nazionale e alleati | Le denunce di Crocetta 'stancano' - Live Sicilia

Procure, governo nazionale e alleati | Le denunce di Crocetta ‘stancano’

Tra i presunti evasori "indicati" dal governatore e dal presidente di Riscossione Sicilia Antonio Fiumefreddo, "spunta" l'Udc. Un equivoco, poi chiarito. Ma quanto basta per scatenare la reazione di D'Alia: "Basta con i polveroni mediatici". E l'ex ministro non è il solo.

 

PALERMO – C’è stato un momento, nella serata di giovedì scorso, in cui qualche alleato di Crocetta ha persino pensato di lasciare il governo. Nemmeno chi lo ha sostenuto dal primo, ormai, ce la fa più. Erano le ore caldissime seguite alla denuncia del governatore e del presidente di Riscossione Sicilia Antonio Fiumefreddo sugli 800 presunti grandi evasori scovati dopo, a dire il vero, l’iscrizione a ruolo operata dall’Agenzia per l’entrate. Tra i soggetti “in debito” nei confronti del Fisco, a un certo punto, ecco filtrare il riferimento a un gruppo parlamentare: l’Udc. Ma i centristi di D’Alia non c’entravano nulla.

Un equivoco, certamente. In qualche modo chiarito da una nota dello stesso Fiumefreddo, la mattina seguente. Un malinteso legato, forse, alla figura di Rudy Maira, che dell’Udc fu capogruppo, ma nella scorsa legislatura. Anche se, a dire il vero, anche l’ex deputato regionale ha chiarito la sua posizione e promesso “battaglia giudiziaria” al governo regionale.

Intanto, però, l’Udc non ha gradito. Le notizie filtrate, secondo qualche big centrista, avrebbero avuto un obiettivo politico: quello di screditare, appunto, i moderati siciliani. Ma oltre alle presunte finalità della notizia, all’Udc non sono piaciuti nemmeno i modi. Le forme. Un fastidio, a dire il vero, già desumibile da una dichiarazione “a caldo” di Gianpiero D’Alia, prima ancora dell’equivoco. “Auspico – ha detto infatti l’ex ministro – che il governo regionale riferisca dettagliatamente all’Ars sulla vicenda e attivi tutte le procedure necessarie per recuperare queste somme. Ai tanti siciliani in difficoltà economica non servono polveroni mediatici ma che le istituzioni facciano velocemente il proprio dovere”. Basta con i polveroni ha detto D’Alia. Una linea che pare essere ampiamente condivisa. E a più livelli.

A cominciare dalle Procure. A Palermo, in particolare, dall’insediamento del nuovo procuratore capo Francesco Lo Voi, stando alle notizie raccolte da chi frequenta il Palazzo di giustizia, sembra gradita una maggiore “sobrietà”. Maggiore cautela. E non è escluso, quindi, che le dichiarazioni del governatore (che rappresentano solo l’ultima parentesi di una roboante serie di annunci seguiti a passeggiate in Procura) abbiano un po’ infastidito i magistrati palermitani. Ovviamente non per l’atto della denuncia in sé (“Siamo obbligati dalla legge” ha spiegato Fiumefreddo), semmai dal “giro” compiuto dalla possibile notizia di reato. “Adesso prenderemo appuntamento con la Procura” ha detto Crocetta in conferenza stampa. Come dire: prima i giornali, poi gli inquirenti.

E del resto, anche in un’altra occasione la magistratura era intervenuta “censurando” la facilità con cui il governatore e i suoi fedelissimi hanno “informato” le Procure su fatti, a volte, campati in aria. E’ il caso ad esempio delle denunce presentate dall’ex primario di Villa Sofia Matteo Tutino. Denunce, lo precisa anche il Gip Lorenzo Matassa, che erano state fatte pervenire all’ufficio giudiziario proprio dall'”onorevole Rosario Crocetta”. Denunce, che, solo per accennare ad alcuni dei passaggi con cui è stata archiviata l’indagine contro il predecessore di Tutino, Dario Sajeva, avrebbero riguardato “vicende più o meno strampalate, la cui rilevanza penale è sembrata dubbia sin dal principio. L’inchiesta – prosegue Matassa – ha evidenziato l’infondatezza del coacervo accusatorio reiterato nei mesi dal denunciante”. Denunce, a volte “strampalate”, come segnala il giudice.

L’ultima denuncia, in ordinr di tempo, come detto, è la “sparata” anti-evasori. Accolta con una relativa freddezza dalla politica regionale (pochi i comunicati di sostegno e plauso) anche e soprattutto dal governo centrale. Dove alcuni big del Pd avrebbero sottolineato ancora una volta il divario tra la prolificità delle denunce rispetto a quella degli atti amministrativi e dei risultati concreti realmente portati a casa dal governo regionale.

Un tema, questo, che era esploso fortemente in due distinte sedi. Prima, in occasione della cosiddetta “Leopolda sicula”, organizzata da Davide Faraone. Da quel palco, proprio il sottosegretario all’Istruzione aveva sottolineato l’inutilità delle denunce, se non sono seguite anche da una buona amministrazione. Faraone criticò apertamente “”il rito di chi pensa di fare antimafia solo presentandosi nelle Procure per fare denunce”. Parole che scatenarono la reazione di Crocetta anche in occasione di una seduta della commissione antimafia nazionale. “Quando ero sindaco di Gela – disse il governatore – mi dicevano che ero sbirro. Da presidente della Regione, invece, un sottosegretario del governo mi attacca dicendo che faccio troppo denunce e che devo farne di meno. È possibile – ha proseguito Crocetta – che la nostra azione di lotta alla mafia sia solo teorica? Non ho visto nessuno del governo nazionale intervenire nei confronti di quel sottosegretario”. In compenso, il governo nazionale è intervenuto sul governatore con commissariamenti di ogni tipo (dai conti, con l’invio di Baccei, all’acqua). E qualcuno, anzi, da Roma sussurra: “Crocetta continui pure a denunciare. Nel frattempo a portare avanti la Sicilia ci pensiamo noi”.


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