Freddo, ritardi, lamentele |Scene da un pronto soccorso - Live Sicilia

Freddo, ritardi, lamentele |Scene da un pronto soccorso

Parte dal Civico di Palermo il viaggio di LiveSicilia nelle sale d'aspetto dei pronti soccorsi del capoluogo.

Ospedale Civico
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PALERMO – Fa freddo. E anche solo per accedere al “triage”, all’assegnazione del codice di emergenza del singolo caso, l’attesa può sfiorare la mezz’ora. Al pronto soccorso dell’ospedale Civico di Palermo, le porte restano aperte, anche in una mattina di metà novembre, anche in una domenica di pioggia come questa. Le persone che aspettano in quest’anticamera sono meno di una decina. Un ragazzo cammina avanti e indietro, mentre si massaggia il ventre e getta ogni tanto qualche smorfia di dolore qua e là. Non si siede neanche un minuto nell’ora e mezza successiva, il tempo che dovrà aspettare prima di essere ricevuto. Eppure il suo è un codice giallo. Come quello di un anziano, il primo, dopo aver visto diverse persone andarsene, ad accennare una timida protesta: “Chiddi ca niscìu ora arrivaru dopu di mia”, fa presente al vigilante fermo sulla porta. Ma c’è da attendere: nel frattempo è arrivata un’ambulanza con un uomo in barella, che aspetterà nel salone interno circa tre quarti d’ora.

Mezz’ora prima che anche l’anziano possa venire finalmente visitato. Il vigilante resta sulla soglia e interroga chi si avvicina. Dietro di lui è seduta una signora, accanto a lei suo marito. La figlia disabile chiama l’anziana, affacciandosi all’interno. L’uomo si alza e le chiede di aspettare in macchina, poi sbotta nei confronti del personale: “Voglio che mi venga portato rispetto, basta con queste amicizie e simpatie. Siamo tutti uguali, c’è chi soffre di più, chi di meno, ma siamo tutti uguali” dice riferendosi all’ordine in cui le persone vengono ricevute. Il vigilante va per spiegare la situazione a un’infermiera che però è al telefono. “Puoi ritirare i panni stesi?” chiede la donna a chi sta dall’altro capo del filo. Fuori infatti piove ancora e le persone continuano ad arrivare.

Un uomo sulla cinquantina, dopo una ventina di minuti di attesa sarà fatto sedere nel salone, al braccio gli sarà messa una flebo. Una donna in pigiama e giubbotto, sorretta ai lati da quelli che sembrano i genitori, viene fatta fermare proprio dal vigilante all’entrata: “Deve rispettare la fila” dice. Una fila che dura mezz’ora, prima di potere accedere all’accettazione. Un’altra donna in stampelle si siede e prova a riposare appoggiata alla propria borsa. Pare le faccia male una gamba, ma tossisce pure spesso e nell’anticamera del pronto soccorso fa sempre più freddo. Accanto a lei, quando entrerà mezz’ora dopo, si siederà un ragazzino arrivato in ambulanza. Addosso ha ancora la divisa da calciatore rosanero. Deve avere preso un colpo sulla guancia sinistra che copre con del ghiaccio sintentico. Eppure il vigilante aveva rassicurato: “Oggi, dopotutto, non c’è neanche tanta confusione”.


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