PALERMO – “L’Ars vuole applicare la Delrio? Sappia che il governo è contrario”. Così Rosario Crocetta appena due giorni fa avvertiva i deputati. Un avvertimento che non sembra aver fatto tremare i polsi agli inquilini di Sala d’Ercole. Che hanno deciso: “Applicheremo la legge nazionale, modificando quella regionale”. Insomma, la maggioranza in parlamento ha “scaricato” clamorosamente il governatore, su un tema fondamentale come quello della riforma delle Province. Una presa di distanze, tra alleati e governatore, della quale probabilmente Crocetta ha avvertito il “profumo”. Al punto da ammorbidire, e di molto, nelle ultime ore la propria posizione: “Se il parlamento vuole cambiare la legge, saremmo costetti a prenderne atto: dura lex, sed lex”, ha commentato. E a quella legge Crocetta dovrà necessariamente adeguarsi già nei prossimi giorni.
Subito dopo la diffusione della nota del sottosegretario Bressa, con la quale, di fatti, veniva confermata l’impugnativa sulla norma relativa al sindaco metropolitano, il presidente dell’Ars Ardizzone aveva reagito parlando di “decisione ampiamente prevedibile”. Una decisione alla quale Crocetta ha risposto dicendosi pronto allo scontro dinanzi alla Corte costituzionale.
Scontro che, però, la “maggioranza della maggioranza” vuole evitare a tutti i costi. E la resa dei conti sulle Province si terrà martedì. “Ho convocato – dice Ardizzone – una conferenza dei capigruppo. Ciascuno di loro dovrà esprimere la posizione della forza politica rappresentata in Aula. Di sicuro – aggiunge – bisogna uscire dal disagio istituzionale nel quale siamo piombati. E la mia opinione è che la soluzione migliore sia quella di abrogare la norma non corrispondente alla Delrio e approvare subito un’altra norma che adegui la legge regionale a quella nazionale”. Una norma nazionale che prevede la corrispondenza tra il sindaco del capoluogo e il sindaco della città metropolitana. L’Ars invece aveva deciso in modo differente, approvando una norma che prevede il voto ponderato di secondo livello: i sindaci della zona avrebbero dovuto eleggere il sindaco metropolitano. “Non si può restare a lungo – insiste Ardizzone – in questo stallo. La mancanza di una norma chiara rappresenta un elemento di arretratezza della Sicilia rispetto al sistema italiano”.
E la posizione del presidente dell’Assemblea è quella più diffusa all’interno della maggioranza. A cominciare dallo stesso partito di Ardizzone. “Già durante l’iter di approvazione della riforma – ha detto il capogruppo Udc Mimmo Turano – mi ero pubblicamente schierato contro la mancata corrispondenza tra il sindaco del capoluogo e il sindaco metropolitano. Adesso va evitata l’impugnativa. Chiederò di votare già martedì la norma di applicazione della Delrio, da agganciare alla legge stralcio”. E anche il partito più numeroso all’Ars si schiera per l’adeguamento alla legge nazionale. La capogruppo del Pd Alice Anselmo, anzi, ricorda di avere presentato, insieme al vicecapogruppo Giovanni Panepinto, un emendamento alla legge di riforma “che prevedesse l’applicazione delle norme nazionali relative al sindaco metropolitano. Il Pd – spiega – ribadirà questa posizione, presentando un emendamento identico”. Insomma, Pd e Udc hanno deciso di “ignorare” la posizione del governatore. Sebbene negli ambienti democratici, la lettera del sottosegretario Bressa sia stata letta anche come una ingerenza del governo nazionale sulle questioni siciliane. In tanti, poi, sono convinti che un ricorso dinanzi alla Corte costituzionale porterebbe al riconoscimento delle ragioni della Sicilia. Ma nessuno sembra volere in realtà questo scontro.
Nemmeno il Nuovo centrodestra, ormai parte della maggioranza a tutti gli effetti. “Bisogna mettere da parte – il commento del capogruppo Nino D’Asero – atteggiamenti arroganti e partite personali che non portano a nulla. Dopo la prima impugnativa avremmo dovuto adeguarci ed evitare queste figuracce. Errori che non hanno solo conseguenze sotto il profilo dei rapporti istituzionali, ma anche su quelli finanziari: questi ritardi – conclude D’Asero – si stanno traducendo nei mancati trasferimenti dallo Stato alle ex Province”. La pensa allo stesso modo il gruppo dei socialisti (ex Megafono). “E’ non solo necessario, ma ritengo ormai obbligatorio – commenta il Giovanni Di Giacinto – recepire in toto la norma Delrio sul sindaco metropolitano. Del resto, anche noi avevamo presentato in Aula un emendamento in questo senso, e il nostro deputato Antonio Malafarina aveva anche segnalato il rischio di impugnativa. Avevamo ragione”.
Quasi tutta la maggioranza, insomma, ha deciso. Ovviamente con sfumature e gradazioni diverse. È il caso ad esempio di Sicilia Futura, che attraverso le parole del capogruppo Giuseppe Picciolo, afferma di “voler trovare una linea comune col Partito democratico. Ma tenetremo anche – aggiunge – di rendere univoca la posizione del presidente con quella della maggioranza. Non possiamo e non dobbiamo dare l’idea di essere divisi”. Ma c’è anche un pezzo di maggioranza che farà una scelta diversa, al fianco del governatore: “Siamo con Crocetta – dice il capogruppo di Sicilia democratica Giambattista Coltraro – anche nella scelta di avanzare ricorso dinanzi alla Consulta. Altrimenti qualcuno ci dica chiaramente che ci siamo ridotti al ruolo di meri esecutori dei diktat romani. A quel punto – conclude – vorrà dire che è giunto il momento di abolire anche lo Statuto”.