Province, da Ingroia ai burocrati | Trenta commissari per un disastro - Live Sicilia

Province, da Ingroia ai burocrati | Trenta commissari per un disastro

La storia del fallimento dei Liberi consorzi può essere raccontata anche attraverso i nomi e le vicende di chi si è dato il cambio al vertice dell'ente in questi tre anni. Un valzer incessante di fedelissimi che non ha prodotto nulla, fuorché il caos.

Un ente nel caos
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PALERMO – Due di loro hanno fatto le valigie in questi giorni: “Così non si può andare avanti”. E hanno lasciato il proprio ruolo di commissari delle Province. Altri, invece, si sono alternati come fossero turisti in partenze o in arrivo, tra i corridoi di un aeroporto. Alla fine, però, il risultato di tante nomine, tanti viaggi, tante facce è stato solo uno: un disastro chiamato “Province”. Sul quale il governatore Crocetta ha messo la sua firma non soltanto a causa degli ormai grotteschi annunci di tre anni fa, ma anche attraverso la scelta delle guide di un ente, il Libero Consorzio, che avrebbe dovuto segnare una svolta “epocale” per la storia dell’Isola. E che invece sta morendo prima ancora di emettere il primo vagito.

Un balletto, una fila lunghissima quella dei circa trenta (30!) commissari che hanno guidato le province siciliane. Impossibile ricordarli tutti. Marcello Maisano, commissario del libero consorzio di Agrigento, e Alessandra Diliberto, a capo dell’ente di area vasta di Caltanissetta hanno salutato e sono tornati nei ranghi dei dirigenti regionali. La situazione finanziaria, a causa dei ritardi del governo, è insostenibile. Prima della Diliberto a Caltanissetta era andata Luciana Giammanco, tra i dirigenti più apprezzati da Crocetta, oggi guida i dipartimenti della Funzione pubblica e delle Autonomie locali ad interim. Proprio quest’ultima nomina aveva obbligato la burocrate (già commissario anche del Comune di Agrigento) ad abbandonare l’incarico di commissario. Era stata confermata da poco, insieme agli altri commissari Manlio Munafò a Palermo, Giuseppe Amato a Trapani, Marcello Maisano ad Agrigento (l’altro commissario che è andato via), Filippo Romano a Messina. Erano stati scelti volti nuovi a Catania ed Enna: Maria Costanza Lentini e Angela Scaduto. Dario Cartabellotta, invece, inviato a Ragusa era stato pure assessore con Crocetta, in occasione della prima giunta di governo, poi era tornato a fare il dirigente generale (alla Pesca) oltre a gestire, tra le polemiche legate anche all’allagamento di uno stand, la presenza della Sicilia a Expo.

Un po’ la storia di Rosaria Barresi ex assessore e dirigente generale all’Agricoltura, inviata a Caltanissetta. Una provincia che ha visto un viavai imbarazzante di Commissari. Nemmeno il tempo di farne insediare uno che, voilà, non c’era già più. La Barresi fu nominata insieme a Francesca Paola Gargano, dirigente dipartimento tecnico che andò a guidare l’ente catanese; Pietro Lo Monaco, dirigente del dipartimento Energia, inviato a Enna; Filippo Romano, prefetto, a Messina; Manlio Munafò già da allora a Palermo come Dario Cartabellotta a Ragusa; Giovanni Corso, capo segreteria tecnica dell’allora assessore alla Funzione pubblica Leotta, a Siracusa; Giuseppe Amato, allora capo di gabinetto di Leotta, a Trapani.

Grandi burocrati, uomini d’esperienza. A guidare barche che facevano già acqua da tutte le parti a causa dei ritardi del governo. Prima ancora, del resto, Crocetta aveva calato alcuni assi. Oltre al già citato Cartabellotta ecco spuntare un dirigente generale come Ignazio Tozzo (farà il commissario a Trapani), il funzionario in pensione Giuseppe Romano a Catania, oltre addirittura al capo di gabinetto di Crocetta Giulio Guagliano inviato, manco a dirlo, a Caltanissetta. “Così la gente della mia provincia sa bene a chi fa capo quel commissario” commentava senza rossore il governatore. In quei mesi, la Barresi era stata inviata a Siracusa, mentre a Enna fu mandato l’allora capo di gabinetto degli assessori all’Agricoltura Nino Caleca ed Ezechia Paolo Reale, cioè Antonio Parrinello. Al vertice del consorzio palermitano c’era già l’ex generale Domenico Tucci.

Esistono, poi, due storie speciali nella folle storia delle Province commissariate. Quella dei “mini-commissari” e quella dell’ex pm-commissario spodestato dall’Autorità anticorruazione. Nel 2014, infatti, la Regione si accorge di trovarsi in mezzo a un guado. Erano scaduti gli incarichi dei vecchi commissari, ma l’Ars non aveva ancora dato il proprio via libera alla proroga dei commissariamenti. E allora, che si fa? Dopo qualche giorno di completa anarchia , il governo regionale si inventa la soluzione dei “mini-commissari”. Nove “commissari ad acta” col compito di colmare quel vuoto, in attesa dell’arrivo dei (veri) commissari. Le cariche avevano una durata di due mesi. Ad Agrigento va Vincenzo Lauro, a Caltanissetta Vicnenzo Raitano, a Catania Sergio Azzarello, a Enna Francesco Riela, a Messina Girolamo Ganci, a Palermo Carmelo Messina, a Ragusa Giuseppe Petralia, a Siracusa Nicolò Lauricella, a Trapani Daniela Leonelli.

I mini commissari avevano sostituito molti tra i “primi” veri commissari. I primi protagonisti di questa folle storia. A Palermo il già citato Domenico Tucci, a Siracusa Alessandro Giacchetti, ad Agrigento Benito Infurnari e a Messina Filippo Romano. Come commissario di Enna viene scelto Salvatore Caccamo, Antonella Liotta a Catania (la prima, in ordine di tempo, nomina di Crocetta), Giovanni Scarso a Ragusa e Raffaele Sirico a Caltanissetta, Darco Pellos a Trapani. Quest’ultimo, a dire il vero, verrà sostituito da Antonio Ingroia. L’altra “storia nella storia”. Secondo Crocetta, l’invio di Ingroia a Trapani avrebbe dato un impulso alle indagini sul latitante Matteo Messina Denaro. Dovrà intervenire il garante anticorruzione Raffaele Cantone per spiegare che quell’incarico era illegittimo perché si aggiungeva ad altre cariche ricoperte da Ingroia, un esterno alla Regione. Che così, ha fatto presto le valigie. Vanificando l’ennesima trovata “antimafia” del governatore. Lo stesso che avrebbe dovuto cambiare la “storia” della Sicilia abolendo le Province. E si è limitato a nominare trenta fedelissimi, coinvolti anche loro, volenti o nolenti, nella storia di questo disastro.

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