Province, impugnato rinvio delle elezioni di secondo grado in Sicilia

Province, Roma contro il rinvio voluto dal centrodestra: “Incostituzionale”

Dal Consiglio dei ministri stop anche ad alcune norme delle variazioni di bilancio

PALERMO – L’altolà è pesante e rappresenta un macigno sulla reintroduzione dell’elezione diretta delle Province, che aleggia all’Ars con un disegno di legge che giace in commissione Affari istituzionali. Il Consiglio dei ministri ha impugnato la norma con la quale nell’ottobre scorso Sala d’Ercole annullò le elezioni di secondo grado indette con un decreto del presidente della Regione Renato Schifani. Quella decisione sarebbe incostituzionale.

Province, la mossa stoppata

La norma fu inserita in fretta e furia nel ddl di riforma in materia urbanistica. Il centrodestra, dove forti sono le spinte per il ritorno alle vecchie Province, puntava a bloccare le elezioni di secondo grado che erano state fissate da Schifani per il 15 dicembre. Si decise così di spostare il voto al 2025 “in una domenica compresa tra il 6 e il 27 aprile”. Una mossa per guadagnare tempo in attesa di far partire l’iter per la reintroduzione del voto diretto dei cittadini.

“Violato l’articolo 1 della Costituzione”

Quella decisione di Sala d’Ercole, però, secondo il Consiglio dei ministri viola uno dei pilastri della Repubblica, l’articolo 1 della Costituzione che recita: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Quella sovranità, quindi, l’Ars l’avrebbe violata negando il diritto del popolo ad esprimersi, seppur con una elezione che avrebbe coinvolto soltanto sindaci e consiglieri comunali.

Violati, secondo l’impostazione del governo suggerita dal ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli, anche gli articoli 3, 5 e 114 della Carta. Sono gli articoli che tutelano “la partecipazione all’organizzazione politica” del Paese, le “autonomie locali” e l’esistenza stessa delle Province.

Province, l’ostacolo della riforma Delrio

Lo stop del governo conferma ancora una volta che senza la cancellazione della riforma Delrio, che nel 2014 ridefinì il sistema delle Province mandando in soffitta il suffragio universale, qualsiasi legge che punti a riportare indietro le lancette dell’orologio reintroducendo le elezioni dirette verrà stoppata.

Ne è sempre stato convinto il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, e il tema è stato al centro dell’ultimo vertice di maggioranza. Senza coperture normative o garanzie politiche, come è stato ribadito all’incontro degli alleati che sostengono il governo Schifani, non potrà esserci nessuna ‘controriforma’ delle Province. E come se non bastasse, a confermare l’incostituzionalità del continuo rinvio delle eleizoni di secondo grado è arrivata a fine 2024 anche una sentenza della Consulta.

Stop anche alle variazioni di bilancio

L’impugnativa di Palazzo Chigi, tuttavia, è doppia. La scure del governo si è abbattuta anche su alcune norme contenute nelle variazioni di bilancio approvate dall’Ars lo stesso giorno. È ancora presto, tuttavia, per sapere di quali norme si tratti. Secondo il governo le disposizioni stoppate avrebbero travalicato i confini delineati dallo Statuto violando il principio della copertura finanziaria per le leggi approvate.


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