Punto e a Ciapi - Live Sicilia

Punto e a Ciapi

I precari e \\\\\\\"l\\\\\\\'intrigo\\\\\\\"
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Nella meravigliosa Sicilia che si avvia verso il rinnovamento, le persone non esistono, proprio come succedeva nella Sicilia vecchia.  Sarà un caso.
Ci sono le sigle: ex Ciapi, ex Pip… I sogni degli individui si identificano con brevi e burocratiche paroline. Così muoiono meglio.
Capita a tutti di avere un amico ex qualcosa. Chi scrive ha per amico il padre di una ex ciapista (si scrive così, no?). Una ragazza che detiene un nome e insegue il desiderio di una vita normale, sotto la sigla. Come è stata la vita degli ex ciapisti? Il racconto tratteggia un’esistenza di sacrifici. Ragazzi spesso bravi, spesso competenti, ridotti al rango di spicciafacenne dei sub-comandanti che la scrivania, invece, ce l’hanno. Corsi e ricorsi. Figlie sballottate di qua e di là. Padri in macchina in affannosa attesa. E sullo sfondo, la grande speranza: il lavoro, il posto, in cambio di ettolitri di sangue e sudore.
Poi, accade, per fato. Le porte si chiudono solo per te. Sono entrati tutti, perché hanno fatto in tempo a mettere un piede nella fessura, perché sono amici del giaguaro, o cugini del leopardo, perchè sono più casinisti. Perché, perché, perché… A che serve domandarsi perché? Tu sei fuori. Amen.
Forse sarà una questione di sigla. Ciapi suona male. Non ci può essere posto per un acronimo così sgraziato al tavolo della grande abbuffata riformista. Già, il riformismo. Cioè, quella peculiare virtù siciliana che finisce per soddisfare i benedetti con la pancia piena e fatalmente delude i maledetti con lo stomaco vuoto. Sovrapponiamo il senso di questa storia alla trama della Sicilia oscura, prima dell’avvento del governo delle meraviglie. Aguzzate la vista? Notate qualche differenza? Noi no, nemmeno a cercarla col microscopio.
Dovremmo forse credere alle ragioni di Marianna Caronia – raccontate dalla puntuale inchiesta di Gianni Parlatore – che denuncia una conventio ad excludendum per gli ex ciapisti, per i reietti che si sono posti sotto l’ala nera dei nemici del governatore? Per carità, come potremmo? Come potremmo accettare il ritorno al triste rituale del “Chi ti manda?”, nell’era sfolgorante del rinnovamento? Vorrebbe dire – e non lo crediamo – che non è vero niente. Che la rivoluzione è la solita storia di chiacchiere e distintivi. Vorrebbe proprio dire che siamo punto e a Ciapi.


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