I 50 fermi disposti dalla Procura di Catania per evitare una nuova escalation criminale in città riportano alla mente all’ultima e sanguinosa faida che agli inizia degli anni Novanta sconvolse il capoluogo etneo e la sua provincia con una media di circa cento omicidi l’anno. Il ‘record’ fu registrato nel 1991 con 121 morti ammazzati. I gruppi contrapposti sono gli stessi: Cosa nostra, Di Mauro e clan Laudani da una parte e Cursoti e cosca Cappello dall’altra. Ma le forze in campo erano inverse a quelle che appaiono essere schierate oggi: all’epoca l’esercito più numeroso e agguerrito era quello a disposizione di Cosa nostra, e in particolare dei Laudani allora guidati dal boss Giuseppe Pulvirenti, detto ‘U Malpassotu’, poi pentitosi, e il clan perdente era invece quello dei Cursoti. Quest’ultimo gruppo, però, negli anni successivi è riuscito a ‘rigenerarsi’ e a prendere il sopravvento anche grazie alle inchieste e alle operazioni che hanno sgominato i vertici storici della mafia catanese e i suoi luogotenenti. L’ultimo colpo assestato è stato quello dell’8 ottobre scorso con l’arresto del superlatitante Santo La Causa e di otto boss di Cosa nostra. Ma non soltanto. La successione ai vertici di Cosa nostra ha creato molti scontenti all’interno del gruppo per la conquista della leadership con fuoriuscite eclatanti favorite da una ‘campagna acquisti’ aggressiva da parte dei Carateddi, frangia in auge dei Cursoti della ‘famiglia’ Bonaccorsi, e della cosca Cappello. Tra i passaggi ‘eccellenti’ ci sono stati quelli dei gruppi Squillaci ‘Martiddina’ di Piano Tavola e Strano di Monte Po, che hanno lasciato Cosa nostra per allearsi con i vecchi e storici rivali di sempre per potere mettere le mani sulla gestione dei lucrosi affari criminali in città. Le dinamiche delle cosche mafiose a Catania sono ricostruite nelle indagini della squadra mobile della Questura etnea sfociate nei 50 fermi disposti dalla Procura. (Ansa)
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