Quanto costa la dignità - Live Sicilia

Quanto costa la dignità

"Questi sette-ottomila euro al mese valgono la nostra dignità?", si è domandato l'altro giorno un deputato nell'Aula dell'Ars. La domanda merita una riflessione

La frase buttata lì a Sala d’Ercole in mezzo alla travolgente sarabanda di eccitati monologhi è di quelle che merita di essere meditata. La pronuncia il deputato del Pd Gianfranco Vullo alle 17,45 di mercoledì 24 settembre, cinque ore dopo l’inizio della seduta d’Aula aperta dal discorso fiume di Rosario Crocetta.

“In molti stiamo valutando se questi benedetti sette o otto mila euro valgano la nostra dignità”, dice il deputato, secondo il resoconto riportato sul sito dell’Ars.

Già, quanto vale la dignità? Il quesito è di quelli complicati. Nessuno in Aula si prende la briga di rispondere. Eppure la parola “dignità” è uno dei lemmi più ricorrenti nell’orgiastico tripudio di speech dell’ultima seduta fiume dell’Assemblea regionale. La si sente pronunciare tredici volte tredici. La dignità della carica, delle istituzioni, del parlamento, dei siciliani… Tutti la evocano. Ma quanto vale davvero? Più o meno dei “benedetti sette o ottomila euro” evocati da Vullo? Che poi sarebbero – più otto che sette – il netto che in busta paga si ritrova ogni mese un deputato regionale soldato semplice (i “graduati” come presidenti di commissioni e e membri dell’ufficio di presidenza hanno qualcosa in più).

La domanda è cruciale. Esiziale, verrebbe da dire. Perché di mezzo ci sono le sorti dei siciliani. Che hanno potuto vedere fin troppo chiaramente, contemplando lo spettacolo offerto da Sala d’Ercole mercoledì scorso, le disperate condizioni di salute delle istituzioni regionali. Che hanno assistito al monologo di cento minuti di un presidente della Regione che avrebbe dovuto gettare ponti e ha alzato invece altri muri. E allo psicodramma collettivo di un parlamento in cui è difficile scorgere con nettezza il confine tra maggioranza e opposizione, visto il tenore avvilito, quasi disperato di tanti interventi di deputati che sulla carta dovrebbero garantire il sostegno alla giunta regionale.

Uno spettacolo devastante. Solo l’ennesima puntata di una tragicomica sceneggiata che vede la politica siciliana girare a vuoto ormai da mesi. Come venirne fuori? Ed eccola, la dignità. L’onorevole Assenza, in un intervento che ha messo a dura prova le sue coronarie, l’ha posta così, con la sua consueta concretezza: “La dignità dobbiamo riacquistarla in questo, la dignità che ci riguarda, che riguarda ciascuno di noi. Se c’è la mozione di sfiducia, non possiamo sparare a zero nelle televisioni e poi al momento del voto si dice: ‘Ragioni superiori, ragioni dell’interesse della Sicilia’; poi quando dobbiamo salvare la nostra sedia ci sono delle ragioni della salvaguardia della Sicilia”.

Ecco un primo modo di declinare la dignità, quello dal punto di vista dell’opposizione. Di chi ha ricevuto dagli elettori il mandato di contrapporsi al governo. Quanto sono compatibili con la suddetta dignità i cambi di casacca per montare sul carro del vincitore, le transumanze di massa, o magari gli inciuci, tentati o consumati, sottobanco? O la paura di andare fino in fondo per non rischiare di perdere la “sedia”, come dice l’onorevole Assenza? Ognuno ha la sua idea e il suo metro di giudizio sul punto. La domanda, però, appare quanto meno legittima. Così come legittimo, come mercoledì ha argomentato in Aula qualcuno a difesa dei transfughi, è il cambiare idea. Ammesso che davvero in quel Palazzo di idee ancora ne circolino.

C’è poi la dignità della maggioranza. Di quelli che non sanno più cosa raccontare agli elettori, spaesati, delusi, infuriati. Non possiamo suicidarci appresso al governo, non possiamo seguirlo nel baratro, hanno detto un paio di deputati in Aula. E allora? Cosa impone la suddetta dignità di fronte a una valutazione di questo tipo? Essere conseguenti e mandare a casa il governo, argomentano le opposizioni. Sbracciarsi per cercare una soluzione senza tradire il patto con gli elettori, sostengono invece i lealisti. Anche qui, opinioni entrambe rispettabili. Quello che invece non è accettabile, e che poco ha a che fare con la dignità, è il prolungare questo spettacolo di liti, sfregi, vertici tutti decisivi in cui si celebrano riti fasulli di intese di cartapesta, che si gettano alle ortiche due giorni dopo per ricominciare la faida.

E c’è infine la dignità del governo. Quella che Crocetta con orgoglio dice di voler difendere dalle grinfie della partitocrazia e dell’ancien regime. Ma cosa rimane di quella dignità quando si arriva alla stagione dei cerchi magici, degli incarichi assegnati in ragione della fedeltà personale (che è diversa dalla lealtà) a scapito di merito e competenze, dei tristi dossier comodi per far spazio laddove serve, delle poltrone omaggiate come un giocattolo sotto l’albero di Natale al fanciullo di turno dando l’impressione che ciò avvenga in base a logiche di miserrimi equilibri di potere paesani? Ha davvero diritto di cittadinanza la parola dignità quando la politica sprofonda fino a questo punto?

Non lo sappiamo. E lasciamo più di un punto interrogativo inevaso in queste righe. Proprio come l’onorevole Vullo e la sua domanda di partenza: questi sette-otto mila euro valgono la nostra dignità? Non sappiamo neanche questo, onorevole Vullo. Ma abbiamo un’idea al riguardo. Quegli ottomila euro non dureranno per sempre. E la paura degli inquilini di Sala d’Ercole di perderli andando a elezioni anticipate e rischiando di non essere eletti, a lungo andare e se la musica non cambia si trasformerà nella condanna e nella certezza di essere spazzati via in massa alle prossime elezioni. Quando agli onorevoli di oggi, trombati in massa di domani, toccherà cercarsi un lavoro. Ovviamente con dignità. Buona fortuna.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI