C’è una sanità siciliana che tradisce ogni giorno la fiducia dei sofferenti. Se ti capita di frequentarla, è diverso dalla semplice conoscenza indiretta alla portata di tutti. Come assistere un incidente o esserne coinvolti. Cambia la prospettiva.
C’è una sanità siciliana lastricata di attese, di paure, di inefficienze. In mezzo sono presi prigionieri i pazienti derelitti e i medici coscienziosi. E se ne incontrano tanti di dottoresse e dottori appassionati – giovani in particolare, ma non solo – con garbo, sorriso, competenza. Succede spesso che chi sta male e chi cura siano militi ignoti della stessa battaglia contro i mulini a vento. Anche se è vero – suona atroce ammetterlo – che perfino sotto la bandiera del sacrificio possano nascondersi corrotti e incapaci.
C’è una sanità siciliana che ti affigge, come se fossi un manifesto dell’irrilevanza, al muro del verbo ‘aspettare’. Dovrai sperimentarla in una corsia, in una sala operatoria, in un appuntamento fissato, quando, finalmente, toccherà a te. Ma prima, dovrai passare il calvario delle liste d’attesa.
Se ti capita di osservare questa realtà nella carne viva di chi la subisce, vedrai la verità. Vedrai pazienti che implorano una soluzione, ma si rendono conto, oltre la fatica e l’impegno degli operatori sanitari, di avere la consistenza dei numeri, non più di persone. Perché la nuda matematica della sanità ridotta a emergenza annota specialmente i casi più gravi, il resto viene consegnato al limbo.
Dunque, tocca attendere: o che si apra uno spiraglio o che incomba un’urgenza che renda ‘eleggibile’ l’angoscia. Questo accade oltre le migliori intenzioni dei professionisti in camice e ben al di là della retorica della politica che sovrascrive sui drammi mirabolanti narrazioni di sbalorditivi progressi, di diritti che, invece, possono trasformarsi in materia inesigibile.
E’ la stessa politica siciliana che, da decenni, invade la sanità, occupandone gli spazi come se fossero feudi. Non inventiamo niente, non accusiamo a vanvera, è cronaca delle appartenenze – a destra, come a sinistra – perfino rivendicata. Come è cronaca – dura cronaca – la dimensione quotidiana delle domande senza risposte.
C’è una sanità siciliana che mortifica ogni giorno la memoria della cara professoressa Maria Cristina Gallo. Ricorderete il suo sorriso e la storia incredibile di ritardi e denunce. Ricorderete le promesse, i giuramenti, gli impegni solenni… Il chiacchiericcio postumo di una comoda indignazione.
Purtroppo, nell’esperienza di molti pazienti poco o nulla è cambiato, nel contesto generale. Lo raccontano le vicende che viviamo e che ascoltiamo. Lo racconteremo e ne scriveremo ancora.
In mezzo agli annunci di riforme, ci permettiamo un suggerimento. Mettiamo una foto della professoressa Gallo in ogni ospedale, in ogni ambulatorio, soprattutto nelle stanze di coloro che decidono. Non servirà a sanare le ferite, ma, forse, rappresenterà un monito, una segnaletica minima – qualcosa, insomma – per la coscienza di chi abbia l’ambizione di possederne una.
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