Quella trappola mortale: i pentiti incastrano i killer

Quella trappola mortale: i pentiti incastrano i killer

Processo Thor: un caso di lupara bianca del 1991.

CATANIA – Salvatore Montauro è scomparso da Catania il 29 giugno 1991. Un altro caso di lupara bianca tra i casi affrontati nel processo Thor. Gli imputati sono Natale Di Raimondo e Francesco Di Grazia. Il pm Rocco Liguori è chiaro: “La ricostruzione della dinamica della sua morte e delle responsabilità della sua morte è stata resa possibile solo grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia”. 

Un omicidio per cui non c’è mai stato un processo. E che dopo 30 anni potrebbe avere giustizia. Francesco Squillaci ha raccontato di aver saputo di questo delitto dal suo gruppo (Piano Tavola, ndr) .”Il gruppo dei Martiddina si è occupato della distruzione del cadavere. L’omicidio è stato commesso a Valcorrente da Salvatore Pappalardo, poi deceduto, Francesco Di Grazia, Natale Di Raimondo e Giovani Rapisarda”. Pappalardo avrebbe prelevato la vittima a Monte Po e con una scusa l’avrebbe portata nella campagna del padre di Franco ‘u spasciu (Di Grazia, ndr). La vittima ha immediatamente capito che si trattava di un agguato e avrebbe tentato di scappare. E infatti ci sarebbe stata anche una colluttazione. Pappalardo avrebbe addirittura colpito Montauro con una pietra in pieno volto. Poi è stato strangolato con la corda. Il cadavere è stato caricato in una macchina e lasciato nel parcheggio di Città Mercato a Misterbianco. Poi Squillaci, Biagio Greco e Roberto Rapisarda avevano portato il corpo nelle campagne di Ragalna e l’avevano bruciato. 

Nel 1999 Natale Di Raimondo ha deciso di vuotare il sacco con la magistratura. E ha parlato anche dell’omicidio Montauro “avvenuto tra il 91 e il 92”. Sarebbe stato ammazzato perché Salvatore Pappalardo – uno dei vertici di Monte Po all’epoca – avrebbe riferito che “Montauro aveva fatto un brutto movimento”. Avrebbe avuto delle intenzioni poco amichevoli nei confronti di Salvuccio Termini, e per questo “Aldo Ercolano aveva autorizzato l’omicidio”. Di Raimondo ha raccontato che prima di ammazzarlo lo avrebbero “interrogato a lungo”. Ma nonostante la vittima avesse respinto le accuse, questo non lo avrebbe salvato. Il pentito imputato ha raccontato che all’omicidio ci sarebbe stato “anche Nino Santapaola, il fratello di Nitto”. 

Tra i due verbali, quello di Squillaci e Di Raimondo,  l’unico riscontro individualizzante è quello “per la posizione di Francesco Di Grazia”. 


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