PALERMO – Storie di mafia e di misteri. Di padrini latitanti, arrestati e deceduti come Matteo Messina Denaro, e di altri carcerati a vita come Domenico Raccuglia, boss di Altofonte. E storie di gente ammazzata di cui probabilmente non si conosce l’identità. Il blitz che ha svelato il perdurare dell’asse fra le famiglie mafiose di Palermo e New York accende i riflettori su vecchie vicende zeppe di interrogativi.
Latitante a “casa” di Messina Denaro
Nel novembre del 2009 in una casa di via Cabasino a Calatafimi, in provincia di Trapani, finiva la fuga di Domenico Raccuglia, soprannominato “il veterinario”. Di lui pochi mesi fa parlavano Giacomo Palazzolo e Giovan Battista Badalamenti, due dei diciassette fermati dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Era Prestigiacomo a riferire dell’insofferenza di Matteo Messina Denaro quando seppe, a cose fatte, che Raccuglia aveva deciso di trascorrere la latitanza in provincia di Trapani: “Quando è andato a finire a Trapani, i trapanesi non sapevano niente. Messina Denaro (pronuncia il nome abbassando il tono della voce) si siddiò, dice: ‘Ma questo docu che ci faceva senza che io ne so niente?’ E lui invece gli è andato a dire dice: ‘A posto, io qua, dice, posso…’. Quando poi lo hanno preso, dice: ‘Ma questo qua che ci faceva, dice, senza che io so niente’. ‘Come tu non sai niente? Dice: ‘Io non so niente, dice, di questa cosa’. E ci eravamo visti qualche quattro, cinque giorni prima“. Con chi si era visto? Con Matteo Messina Denaro. Un altro enigma sulla latitanza del padrino morto dopo l’arresto.
“S’asciucò i cristiani”
Anche Badalamenti aveva un retroscena da rivelare sulla latitanza di Raccuglia: “Io una volta sono andato a trovarlo e sono andato a trovarlo agghiri docu… a Segesta fu penso… in una cantina. Minchia s’asciucò i cristiani, non ci metteva… non ci pensava proprio Salvatò”. Il macabro riferimento è gente assassinata.
Quindi confrontavano la figura di Messina Denaro a quella di Vito Vitale, capomafia ergastolano di Partinico. Il padrino trapanese “non lo conosceva nessuno. Là… a Castelvetrano… passeggiava”. Altra pasta rispetto a “quel folle di mio padrino. Folle totale… che doveva comandare in tutto il mondo. In Italia dice devono fare quello che dico io. Noialtri, i napoletani, i romani, dice, i milanesi, dice… o fate quello che dico io, dice, a tutti vastutu. Dice, vastututu a tutti”.
In cerca di un nuovo capo
Metodi e stili diversi di due capi altrettanto forti e di cui, così emerge dalle intercettazioni, i mafiosi di oggi sentono la mancanza. A Palermo come negli Stati Uniti dove oggi c’è un nuovo vuoto. Tra i Gambino di New York si era fatto largo l’italo-americano, Joseph Lanni, 52 anni, soprannominato “Joe
Brooklyn”. Avrebbe preso il posto che fu di Frank Calì, ucciso nel 2019 da un giovane per una banale lite. Ora anche lui è stato arrestato dai poliziotti del Servizio ventrale operativo e della squadra mobile coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo.