Ha portato all’arresto di otto persone l’operazione “pizzo al pomodoro” della Squadra mobile di Trapani scattata tra il capoluogo ed Erice. Secondo le indagini il gruppo avrebbe imposto il pizzo a diversi commercianti del quartiere San Giuliano. Gli uomini, tutti pregiudicati, raggiunti dall’ordine di custodia cautelare sono Francesco Paolo Cammareri, 33 anni; Ignazio Cammareri, 30; Alberto Cangemi, 40; Claudio Di Pietra, 25; Ivan Randazzo, 27; Michele Scardina, 47, sorvegliato speciale; Giuseppe Beninati, 51; Salvatore Di Pietra, 33.
Dalle indagini sono emersi alcuni particolari singolari. A capo dell’organizzazione Francesco Paolo Cammareri che si faceva chiamare da tutti “padrino”, ma non aveva alcun collegamento con la mafia, così come l’organizzazione stessa non era riconducibile a Cosa Nostra. Al passo coi tempi Francesco Paolo Cammareri, poi, gestiva tutto attraverso Facebook. Cammareri svolgeva la sua attività dalla Germania, dove si era rifugiato dopo essere sfuggito a marzo ad un arresto. Il “padrino” è stato localizzato dalla polizia attraverso lo studio dei suoi contatti sul social network Facebook. Infatti l’indagato, utilizzando un account fittizio, si teneva in contatto con i suoi complici impartendo loro gli ordini circa i danneggiamenti o le minacce da effettuare nei confronti delle vittime.
L’organizzazione poi si faceva aiutare anche da ragazzini. “I picciriddri”, come venivano chiamati dagli otto fermati, erano incaricati di eseguire le estorsioni e i danneggiamenti ai danni delle attività commerciali che non pagavano. Altre volte accompagnavano gli indagati armati di coltello nei negozi taglieggiati. L’organizzazione non si limitava a chiedere la semplice corresponsione di denaro. Infatti, oltre a una tangente mensile di circa 500 euro a vittima, gli indagati avrebbero ottenuto, sotto minaccia, anche autovetture a noleggio a titolo gratuito e libero accesso alle sale scommesse dove potevano fare le loro puntate gratuitamente, commesse di lavoro gratuite (ad esempio la realizzazione di infissi in alluminio).
La tecnica era quella classica: pagare per essere “protetti”. Tra le vittime delle estorsioni un ristoratore, il titolare di un’impresa artigiana, dei gestori di sale scommesse, un noleggiatore d’autovetture ed un distributore di apparecchiature elettroniche da intrattenimento. Nel corso dell’indagine é stata rinvenuta una partita di eroina di 1,3 chili, acquistata con i proventi dell’attivitá estorsiva e destinata al mercato trapanese.