PALERMO – Tanti anni fa l’aveva fatta franca. Finito sotto inchiesta, la sua posizione era stata archiviata. Il blitz di oggi fa rivivere per Francesco Spataro gli spettri del passato.
La Procura di Palermo gli contesta oggi di avere fatto da basista durante una rapina messa a segno a metà degli anni Novanta. Un commando fece irruzione nella filiale messinese del Monte dei Paschi di Siena. Bottino: quasi due miliardi di lire. Il colpo è rimasto senza colpevoli. Ora le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo aprono uno squarcio su una vicenda che sembrava destinata all’oblio.
Per la verità Spataro era finito sotto accusa anche per altre rapine, tutte ai danni della stessa filiale di via Cannizzaro. Nel 1994 fu trafugata una busta con franchi svizzeri per oltre 350 milioni di lire. Spataro finì sotto processo, ma ne uscì pulito con l’assoluzione. Nel 1999, un altro colpo. Lo stesso Spataro raccontò ai poliziotti che i rapinatori lo avevano sequestrato e rilasciato nella periferia di Messina dopo essersi portati via tre milioni e mezzo. Le dichiarazioni di Spataro non convinsero gli investigatori. Finì sotto inchiesta, ma la sua posizione venne archiviata. Il colpaccio i banditi lo fecero, però, nel maggio del 1995, razziando poco meno di due miliardi. Anche allora Spataro era in servizio.
Nel 1996 il collaboratore di giustizia Aurelio Neri raccontò i dettagli della rapina messinese. Neri non era un pentito qualsiasi. Era l’ideatore di uno dei più grossi colpi mai messi a segno a Palermo. Un sabato pomeriggio del 1995 c’era lui a capo della banda che riuscì a intrufolarsi nel caveau delle poste centrali di Via Roma. Sparirono dieci miliardi di lire in contanti. Due giorni dopo i poliziotti lo beccarono con le mani nel sacco. Anzi nei sacchi, che custodivano ancora il bottino. Erano nel portabagagli del fuoristrada di Neri. Quando decise di diventare un collaboratore di giustizia, raccontò di avere fatto da tramite fra alcuni “amici” palermitani e “Franco che io avevo conosciuto tempo prima in quanto dipendente del Monte dei Paschi di Siena, agenzia di piazza Aldo Moro, a Palermo, e che era stato trasferito a Messina”.
Sulla scorta delle dichiarazioni di Neri, la Procura di Messina avviò un’inchiesta nei confronti di una decina di persone. Per tutti, anche per Spataro, arrivò l’archiviazione per “infondatezza della notizia di reato a loro carico”. Oggi viene fuori un elemento che restituirebbe credibilità al racconto del collaboratore, almeno nella parte che riguarderebbe Spataro.
Il 18 maggio 2010, all’interno dello studio di Lorenzo Romano è stata intercettata una conversazione con Dario Dumas, Alfredo Tortorici e, appunto, Francesco Spataro. “…tu hai davanti una persona che per il Monte dei Paschi ha girato dieci anni tra primo giudizio, appello e cassazione e quindi sono completo”, spiegava Spataro che aggiungeva di essere stato assolto “…per insufficienza di prove, comma 2…”. Lo avevano “allontanato dal servizio però per sei mesi, poi rimborsato anche delle spese di avvocato, tutto…”. Poi, tirava in ballo la storia di “Messina… e…c’ero pure io… gli mancavano 10 milioni per fare due miliardi… se io, io… qua lo dico e qua lo nego gli ho dato l’anima, io perché c’era tutto, la guardia giurata e tutto… io ci ho dato l’anima mi sono fatto trovare li dentro perché quello che dovevano fare lo dovevano fare senza fare danno bello sistemato… mi dovevano dare 100 milioni all’epoca dei fatti…”. Una confessione in diretta, dicono gli investigatori. E per Spataro rivivono gli spettri giudiziari del passato.