PALERMO – “Acchianamu supra”. I malviventi, premendogli la pistola contro la bocca, volevano svaligiare il suo appartamento. Nel portafogli di cui poco prima si erano impossessati avevano trovato 990 euro, ma non erano soddisfatti. Volevano di più, volevano fare il colpo grosso. Nel loro mirino è finito il gestore di “Arcimboldo”, il ristorante – pizzeria che si trova all’interno del circolo Tennis Club Palermo 2, in via San Lorenzo. Guido Gattuso, che gestisce il locale da tredici anni, sarebbe stato pedinato fino alla sua abitazione di via Quintino Sella, in pieno centro città, dove sabato sera è stato selvaggiamente picchiato e rapinato.
Come nel caso di Riccardo Costa, proprietario dell’omonimo bar, i rapinatori lo hanno atteso davanti casa. Un incubo iniziato non appena ha parcheggiato la propria auto, nei pressi di un pub affollato di via Isidoro La Lumia e i marciapiedi pieni di giovani che festeggavano la Festa della donna. “Ho infilato la chiave nella serratura, ma qualcuno mi ha spinto contro il portone – racconta a LiveSicilia -. Una violenza inaudita, al punto che la chiave si è spezzata. Mi sono voltato e mi hanno bloccato in due. Indossavano cappucci e sciarpe per coprire il volto, ma sul fatto che fossero palermitani non ho dubbi. Mi hanno minacciato con un forte accento siciliano, in dialetto. Hanno ripetuto più volte ‘acchianamu, acchianamu’, volevano rubare in casa”.
Momenti di terrore durante i quali i due avevano già passato al setaccio le tasche di Gattuso, prendendo denaro, documenti e carte di credito. “Si trattava di parte dell’incasso. Ma in quel momento non mi è più importato nulla dei soldi, avrebbero potuto prendere pure l’orologio o il telefono. Quello che mi preoccupava era la loro intenzione di salire a casa, dove c’erano mia moglie e mia figlia”.
E in quel momento la paura si è trasformata in forza, in voglia di reagire. “Ero confuso. Quella frase mi ha fatto salire il sangue al cervello ed ho seriamente avuto paura per la mia famiglia. Non potevo permettere a nessuno di metterla in pericolo, al costo della mia stessa vita. E al punto che per me quell’arma non c’era più. E’ stato in quel momento che mi hanno colpito con il calcio della pistola sul naso ed ho cominciato a sanguinare. Sono caduto a terra, mi hanno sferrato un altro pugno, ma mi sono rialzato, non potevo continuare a subire. E’ iniziata una colluttazione durante la quale gli ho urlato di andarsene, di non potere salire a casa. Mi sono adeguato al loro linguaggio. Le urla hanno attirato l’attenzione dei passanti, mia moglie si è svegliata e si è affacciata. Soltanto allora si sono dati alla fuga”.
I due sarebbero così scappati a piedi. Dietro di loro è fuggito pure un terzo complice a bordo di uno scooter, che avrebbe fatto da palo. “Quando sono uscito dal portone – prosegue il gestore della pizzeria del Tc2 – e la gente ha visto la mia faccia sporca di sangue, è stata chiamata un’ambulanza. Velocemente sono arrivate anche tre volanti della polizia ed ho raccontato tutto agli agenti. Trovo inconcepibile che accadano episodi di questo tipo, che per i malviventi noi imprenditori rappresentiamo ormai una sorta di ‘bancomat’ da cui ottenere soldi facili e immediati. Fino a pochi anni fa non eravamo a questo punto a Palermo. Ci vorrebbe l’esercito in campo, sono necessari più controlli specialmente la notte, perché a questo punto è evidente che chiunque è in pericolo ad ogni ora e in ogni zona della città. E’ gente che vuole il sangue, che sa di rischiare ben poco. A loro i soldi non bastano”.