PALERMO – Tre quarti dei dipendenti in cassa integrazione. La Reset prova a far quadrare i conti e decide di attivare gli ammortizzatori sociali per 979 dipendenti su 1344, quasi il 75%: una scelta comunicata oggi ai sindacati e che secondo l’azienda sarebbe da imputare alla chiusura degli uffici comunali, alla riduzione dei servizi e alle norme anti-Covid.
La consortile del Comune fa anche due conti: per i prodotti igienizzanti servono 800 mila euro, il Comune chiede a Reset sanificazioni senza un accordo sui pagamenti, gli stanziamenti sono stati tagliati di due milioni (da 33 a 31), la mobilità verso Rap e Amat è ferma, il diserbo è stato ridotto del 30%, mancato contratto con Amap (mezzo milione) per i rilievi dell’Anticorruzione, 2,5 milioni di progetti straordinari bloccati per mancanza di progettazione esecutiva.
Da qui la scelta di ridurre di un terzo (a rotazione) anche i dipendenti in servizio, per un massimo di 979 unità: 365 nel verde, 348 nelle pulizie, 151 nella custodia e 115 nell’accoglienza. In totale, si tratta di una perdita di circa il 20% in busta paga per lavoratori già a 34 ore. “Per il ripristino di condizioni di piena operatività – scrive la Reset – sarebbe necessaria l’assegnazione di ulteriori ed effettive attività con un conseguente incremento reale del valore di copertura economica dei servizi da rendere a favore dei committenti, fatti ed elementi che ad oggi non si sono ancora verificati dovendo ipotizzare che stante il residuo periodo intercorrente, nonché il sostanziale peggioramento della condizione epidemiologica, fino alla fine dell’anno appare improbabile che ciò possa avvenire. Senza tali attività ulteriori nell’anno 2020 la società chiuderebbe con un grave disequilibrio del proprio conto economico, insostenibile e tale da mettere a repentaglio la continuità aziendale”.
I sindacati sul piede di guerra
“Ennesimo colpo alle spalle ai lavoratori della Reset – dice Salvo Barone del sindacato Asia – Mentre si sarebbe dovuto affrontare il rimpinguamento del capito di bilancio in fase di assestamento, esce fuori la nota ufficiale aziendale di apertura delle procedure di cassa integrazione Covid per quasi mille dipendenti su 1300. Eppure il sindaco personalmente, sia a maggio che ad agosto, aveva rassicurato tutti che non solo non si sarebbe attivata alcuna cassa integrazione e non si sarebbe ridotto l’orario settimanale di lavoro, ma che avrebbe aggiunto in bilancio 3-4 milioni di euro per migliorare la condizione dei lavoratori che ancora sono part-time. Siamo davvero curiosi di sapere quale sarà ufficialmente la presa di posizione dell’amministrazione, non solo nelle vesti di committente ma anche di socio quasi totalitario. Eppure i lavoratori in questione sono stati oggetto di continui encomi. Paradossale poi leggere che si attiva un ammortizzatore per contenere l’epidemia, quando la ‘reale’ causa pare essere un problema di risorse economiche, più volte riportate nella stessa nota aziendale. Chiederemo l’esperimento di un esame congiunto, come previsto dalla norma, anche se non vincolante, ma vorremmo ci fosse anche la proprietà, il sindaco, lo stesso sindaco che rassicurando tutti i lavoratori nei mesi appena trascorsi sosteneva che ‘qualsiasi informazione di carattere diverso serve solo a procurare inutili allarmismi fra i lavoratori, danneggiando l’attività e i servizi resi ai cittadini’. Meno male che erano solo notizie infondate”.
“Nei confronti dei lavoratori Rest si gioca sempre al ribasso – spiega Mimma Calabrò, segretario generale per la Sicilia della Fisascat Cisl – Si può dire, senza temere di essere smentiti, che si tratta di una partecipata di Serie B. Ormai da anni si firmano accordi che restano lettera morta e si parla dei incremento delle ore lavorative, di wellfare aziendale, buoni pasto e tanto altro ancora. L’amare verità è che nulla di tutto ciò si è mai concretizzato – aggiunge -. Ora si aggiunge la beffa della cassa integrazione che va a intaccare il già risicato compenso che spetta ad operai ai quali vengono demandati servizi decisivi per la collettività anche in periodo di pandemia. Ci sono operai che per compiere il loro dovere hanno contratto il Covid, ma per la cenerentola della partecipate vanno di moda solo parole come ‘tagli’, ‘crisi’. Si preferisce girarsi dall’altra parte e non prendere atto che i lavoratori Reset sono indispensabili per la collettività”.