Riecco la congrega dei traditori | Alfano e Micciché ancora insieme - Live Sicilia

Riecco la congrega dei traditori | Alfano e Micciché ancora insieme

I due nemici chiamano a raccolta un centro-destra unito dal rancore. Dal 'Fatto Quotidiano'.

Cristo s’è fermato a Eboli ma Giuda è scivolato giù, a Palermo. Angelino Alfano e Gianfranco Micciché tornano insieme e sognano il governo di Sicilia. I due, già Dioscuri del berlusconismo, spersi nel deserto della politica s’incamminano verso il miraggio: il 61 a zero. È il festoso risultato con cui Silvio Berlusconi, nel 1994, vinse tutti i collegi elettorali tutti: nel Val Demone, nel Val di Mazzara e nel Val di Noto.

Resta nei libri di storia quell’esito. C’erano più deputati che fichidindia. Anche il Val di Dittaino fu travolto dalla marea azzurra di Forza Italia e però – sia detto a onore della cronaca – Vladimiro Crisafulli, grazie al recupero dei resti, risultò eletto per alzare così da Enna le insegne di Botteghe Oscure. Giuda, dunque, prende alloggio a Palermo perché con Alfano e Micciché si mobilita, oggi, la congrega dei traditori.

Tale è il primo. Mancante di quid, dopo aver accoltellato Berlusconi, s’è accasato nel governo di Enrico Letta prima, e di Matteo Renzi dopo, beneficiandone di rango. Senza attendere l’esito dell’Italicum – dopo Silvio, dopo Letta – s’appresta adesso a tagliare le gambe in Sicilia al Rottamatore.

Tale è il secondo: se il pittoresco Rosario Crocetta oggi è governatore, lo è grazie a Micciché. Il plenipotenziario di Forza Italia, con una lista sua, s’adoperò a sottrarre consensi al suo stesso partito e al centro-destra e far insediare così a Palazzo d’Orleans – la sede della giunta di governo siciliana – la pantomima della rivoluzione dei Pappagone di Sicilia (una sciagurata stagione d-impostura che artiglia nel ridicolo tutti, antimafia compresa, e figurarsi quanto i servi sciocchi dello status quo).

Tutti primi al traguardo del tradimento, quindi. I due – nemici da sempre – chiamano a raccolta un centro-destra unito dal rancore al punto d’aver avuto segni di ripresa nelle recenti amministrative.

Niente deve sorprendere in politica, certo, e non può mancare all’appuntamento Saverio Romano, del gruppo Ala. Nella vicenda del berlusconismo – questo “gruppo Ala”, il partito di Denis Verdini – incarna ben più che una nemesi. È un contrappasso visto che Forza Italia diventa sempre più residuale. E siccome ogni dettaglio chiama una sfumatura – senza dimenticare Renato Schifani – ben s’intuisce l’anelito morale di quest’insorgenza. Ed è svelata in un insegnamento, tanto loffio quanto sostanzioso: chi si guardò, si salvò. Con buona pace di un Berlusconi che nella Sicilia del fu “61 a zero” vede tornare alla ribalta chi, nei giorni del tramonto, lo lasciò da solo a giocare con Dudù.

Alla congrega si aggiungono tutti i titolari dell’antico mal di pancia centrista. Nessuno si meravigli se poi, al miraggio, s’aggregheranno anche i centristi provvisoriamente approdati nel Pd di Renzi. Tradito uno, si può ben tradire un altro. I manuali di scienza della politica parlano di trasformismo. Buttato a mare un Silvio, può ben fargli compagnia un Matteo.

Tanto simili, quanto dissimili – Angelino e Gianfranco – mirano a due milioni di voti cosiddetti moderati. Forti d’intenzioni, però, difettano di legioni. Nel regno di Alfano, e cioè Agrigento, non è che non tramonti mai il sole, anzi, lo scuro è fitto fitto. E così in tutta la Sicilia. Tutto buio. Si vedono solo le stelle ormai. Cinque per la precisione.

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