PALERMO – Il ritorno delle Province in Sicilia, con la reintroduzione del sistema di elezione diretta, rischia di slittare e di stravolgere i progetti di molte forze politiche. In poche parole: da opportunità a boomerang. Già da settimane si lavora con fatica sulle nomine e sugli equilibri interni di una maggioranza dove ci sono malumori fuori controllo, se i rumors provenienti da Roma dovessero concretizzarsi il quadro politico potrebbe cambiare e diventerebbe perfino più povera di contenuti la “campagna acquisti” che si sta scatenando in Sicilia, e in particolare tra gli scranni del consiglio comunale di Palermo.
Roma frena sul ritorno delle Province
Tutto effetto del rinvio registrato nella commissione Affari costituzionali del Senato. Uno stop dovuto a un intoppo formale, dietro al quale si celerebbe la volontà da parte di Fratelli d’Italia di accantonare momentaneamente il dossier. Se ne riparlerà dopo la Finanziaria, che si annuncia all’insegna dell’austerity per il governo di Giorgia Meloni. Riflessioni che portano dritto all’esigenza, da parte del maggiore azionista di governo, di evitare al momento la reintroduzione di nuove spese con il ritorno di presidenti di Provincia e assessori. In settimana anche Matteo Renzi, planato a Terrasini con la sua scuola politica, ha liquidato con una battuta l’ipotesi di ritorno delle Province. La legge Delrio, quindi, potrebbe “reggere” ancora e così il ddl che anche in Sicilia punta a ripristinare le Province, mandando in soffitta la riforma targata Crocetta, rischia di finire su un binario morto. L’attesa potrebbe essere lunga, almeno fino a tutto il 2024.
La riforma delle Province all’Ars
Il ddl caro al governatore Renato Schifani ha già ottenuto il via libera dalla commissione Affari istituzionali dell’Ars e ora si attende l’esame dei conti in commissione Bilancio. Sono in tanti, però, a storcere il naso davanti all’aumento di poltrone che si è registrato rispetto al testo varato dalla Giunta. Il governo dovrebbe portare le coperture “ma in ogni caso – ragionano alcuni esponenti del centrodestra a taccuini chiusi – il percorso è difficile perché si varerebbe una riforma in contrasto con la norma nazionale ancora vigente”. Il rischio è che le elezioni dirette, sulle quali alcuni partiti stanno puntando con una primavera che prevede anche voto europeo, finiscano in ghiacciaia. Tra le opposizioni canta vittoria già il Movimento cinque stelle. “Ci dispiace per i nostalgici ma siamo felici per le tasche dei cittadini che potranno risparmiarsi di mantenere lo stipendificio delle cariche politiche nelle Province”, ha osservato il capogruppo Antonio De Luca.
Ancora i commissari
In rampa di lancio, inoltre, c’è una nuova tornata di commissariamenti per i Liberi consorzi, che verranno affidati momentaneamente ai dirigenti generali della Regione. Sull’intera vicenda, però, peserà il recente pronunciamento della Corte costituzionale. I giudici, infatti, a luglio hanno bacchettato la Regione per il continuo rinvio delle elezioni di secondo grado nei Liberi consorzi e nelle Città metropolitane. Gli enti, di fatto, da quando sono stati istituiti sono sempre stati retti da commissari. Le elezioni di secondo grado, quindi, potrebbero risultare una strada obbligata. Una nuova grana per un centrodestra già alle prese con dossier delicati come le nomine nella sanità e nei Consorzi universitari.