Riina rinviato a giudizio per omicidio nel Milanese nel 1987 - Live Sicilia

Riina rinviato a giudizio per omicidio nel Milanese nel 1987

Il nome di Totò Riina risuonerà nell’aula della prima Corte d’Assise di Milano il prossimo 16 giugno, quando comincerà il processo a suo carico per un omicidio avvenuto nell’87 a Liscate, nel Milanese. Il gup Giovanna Verga, infatti, ha rinviato a giudizio il ‘capo dei capi’ di Cosa Nostra e altre due persone, mentre con rito abbreviato giovedì prossimo saranno giudicati altri 19 imputati, tra cui il cognato di Riina, Leoluca Bagarella, per una serie di vecchi omicidi. Riina, secondo quanto ricostruito dalle indagini del pm della Dda di Milano Marcello Musso iniziate nel 2006, sarebbe stato il mandante dell’omicidio di Gaetano Carollo, avvenuto nel giugno ’87. L’omicidio di Carollo, vicecapo di un mandamento di Palermo e trasferitosi a Milano, e quello di altri 5 mafiosi, tra cui Alfio Trovato, sarebbero stati decisi dai vertici di Cosa Nostra per eliminare gli elementi non più affidabili delle propaggini mafiose stanziate in Lombardia. Per questi ultimi cinque omicidi, avvenuti tra la fine degli anni ’80 e il maggio del ’92, il processo a carico di Bagarella, Giovanni Brusca, Piddu Madonia e altri, comincerà giovedì prossimo.

Gaetano Carollo, per il cui omicidio oggi a Milano è stato rinviato a giudizio Totò Riina, era padre di Antonino Carollo, rimasto coinvolto in un traffico di stupefacenti e di episodi di corruzione a Milano, sgominato con l’operazione ‘Duomo connection’. L’inchiesta degli allora pubblici ministeri Ilda Boccassini e Fabio Napoleone era nata da un’intuizione di Giovanni Falcone, che aveva dato il via alle indagini. L’organizzazione riusciva a reinvestire i soldi del traffico degli stupefacenti in attività immobiliari anche attraverso la corruzione di pubblici amministratori e funzionari. Per i giudici di primo grado, che condannarono Antonino Carollo, questi era il capo dell’ organizzazione, e intratteneva “rapporti con altre organizzazioni operanti a Milano” e teneva “relazioni dirette con esponenti di vertice dell’associazione mafiosa Cosa nostra”, gestendo “un vasto patrimonio ed importanti e diversificate iniziative economiche, avendo costituito il primo ed alimentato le seconde attraverso i ricavi dell’attività illecita”.


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