Riprendiamoci la strada - Live Sicilia

Riprendiamoci la strada

Cosa raccontano le vie di Palermo
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2 min di lettura

La strada macchiata di sangue dove si affannano carabinieri alla ricerca di prove ed indizi è l’immagine che sicuramente tutti noi ricolleghiamo spontaneamente all’aggressione e alla morte di Enzo Fragalà, un po’ perché televisione e carta stampata ne hanno fatto un’icona della dolorosa vicenda, un po’ perché purtroppo Palermo è abituata alle strade insanguinate. Potremmo scorrere rapidamente le cineteche di qualche telegiornale o l’archivio fotografico di qualche prestigioso quotidiano e ritrovare numerose strade palermitane con altrettante pozze di sangue e se ancora non siamo paghi della ricerca, possiamo ritornare su quelle strade dove il sangue si è ormai asciugato ma dove molto spesso rimane una lapide, un gelido marmo che racconta ai passanti una storia di violenza e prevaricazione. Le strade cittadine sono il termometro di una città, il suo biglietto da visita e le nostre strade, le strade di Palermo, ci narrano di una città abbandonata non solo da chi la governa, ma anche da chi la vive. Le strade di Palermo sono strade dissestate e sporche, sono l’unico luogo per i vinti della nostra società del benessere e sono strade troppo spesso al buio, un buio che genera paura e insicurezza, un buio che nasconde malaffare e violenza. Le strade palermitane non sono vissute dai palermitani: di giorno sono oppresse da un traffico che ironicamente un film di Benigni definiva “tentacolare”, mentre al calar del sole si spopolano, eccezion fatta per le strade della movida, diventando una terra di nessuno, un sentiero poco affidabile dal quale è conveniente fuggire, un terreno fertile per le azioni criminali. Palermo però conosce anche un’altra strada: la strada viva dei mercati, quella dove gli anziani stanno seduti sull’uscio ma anche la strada colma di gente delle imponenti manifestazioni antimafia o quelle percorse dal pulmino notturno della missione Speranza e Carità di Biagio Conte. Tutte queste realtà ci dicono che le strade, nella loro imbarazzante banalità, come sanciscono l’agonia e la morte di una città ugualmente possono divenire il luogo della redenzione della città e dell’uomo stesso nella misura in cui tutti e ciascuno ci riprendiamo la strada e la viviamo come bene e possibilità, come palcoscenico dove essere protagonisti di  una società nuova. Il Cardinale Pappalardo ripeteva con speranza che “solo Palermo salverà Palermo”,  è vero e la redenzione di questa città passa senza dubbio da questo riprendersi la strada che vuol dire ritrovare il senso della responsabilità e della partecipazione, della legalità e del bene comune. Riappropriarsi della strada, liberarla dal sangue e dalla paura,  non significa solamente redimere Palermo ma significa ritrovare noi stessi, come cantava nel lontano 1974 il sagace Giorgio Gaber:
“C’è solo la strada su cui puoi contare, la strada è l’unica salvezza, c’è solo la voglia e il bisogno di uscire, di esporsi nella strada e nella piazza, perché il giudizio universale non passa per le case le case dove noi ci nascondiamo,
bisogna ritornare nella strada, nella strada per conoscere chi siamo”.


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