PALERMO – Poche settimane fa avevano deciso all’unanimità. Così, i deputati della Commissione bilancio all’Ars avevano sancito la “chiusura” di Riscossione Sicilia, con una norma che è poi scivolata nel cosiddetto collegato. Ma proprio oggi che la Finanziaria bis è giunta in Aula per la discussione, l’unanimità sembra svanita. E l’Ars oggi pare impegnata in una retromarcia. La liquidazione della società oggi guidata da Antonio Fiumefreddo sembra più lontana.
Il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone, del resto, ha chiesto all’Aula di esprimersi presto su una questione che sollevò polemiche e scandali, rimbalzati anche sugli schermi delle tv nazionali. E che produssero anche una querela dell’Assemblea nei confronti dell’amministratore unico che aveva puntato il dito contro i parlamentari, sempre difeso dal governatore Rosario Crocetta. Ma il clima adesso sembra diverso. E le reazioni furenti dei deputati che giunsero a chiedere (e votare) appunto lo scioglimento dell’azienda e il passaggio dei quasi 700 dipendenti nell’ente nazionale che dovrà sostituire Equitalia, sembrano essere evaporate ai primi caldi raggi di sole di quest’anno.
È il caso del Partito democratico, ad esempio. I suoi componenti, ben cinque, in commissione bilancio votarono per la chiusura di Riscossione. Oggi, in tanti hanno voglia di rivedere quella decisione. “Su questo tema – spiega infatti la capogruppo Alice Anselmo – convocherò una riunione del gruppo, per capire quale sia oggi l’orientamento. E chiederò anche la presenza del segretario regionale Fausto Raciti, visto che la questione ha anche refluenze romane”. La norma, infatti, prevede che il passaggio dei dipendenti al nuovo ente che sostituirà Equitalia sia il frutto di un accordo tra i governi regionali e nazionali. “Ma ancora di quel tavolo di trattativa – dice il capogruppo del Psi Giovanni Di Giacinto – non abbiamo notizia. Se questo dialogo non dovesse andare a buon fine, che facciamo? Quale sarà il destino del personale? Dobbiamo fare attenzione – prosegue – e non assumere decisioni frutto delle polemiche personali. Certamente, però, non possiamo pensare di dare a Riscossione Sicilia 40 milioni l’anno per evitare che fallisca, quando invece abbiamo portato alla liquidazione società come Sviluppo Italia che avevano una necessità di poche centinaia di migliaia di euro”.
Un tema, quello dei contributi annui a Riscossione sollevato anche, all’interno della maggioranza, dal capogruppo di Sicilia democratica Giambattista Coltraro, secondo cui “va verificato, prima di chiudere Riscossione, se esistono soluzioni alternative. Noi al momento siamo ancora per la liquidazione, ma siamo pronti ad ascoltare altre proposte, che però non prevedano nuove ricapitalizzazioni che non risolvono mai i problemi in maniera definitiva”. È ferma al voto in commissione bilancio, invece, la formazione politica di Sicilia Futura, ma anche in questo caso ecco qualche cautela: “La liquidazione – dice il capogruppo Beppe Picciolo – resta la nostra posizione, in assenza di proposte alternative”. Per il portavoce del movimento politico, Michele Cimino però adesso “serve che il gruppo parlamentare si riunisca per assumere una posizione chiara – spiega – su alcune questioni delicate come, appunto, quella relativa a Riscossione”.
Le certezze di due mesi fa in commissione, insomma, sembrano ormai assai lontane. E anche tra i centristi alleati di Crocetta, sembra farsi strada un approccio diverso alla questione. Il capogruppo dei Centristi Marco Forzese al momento “aggira” la questione affermando che “prima bisognerà chiarire cosa si intenda fare con questo collegato-fiume che sono certo non verrà nemmeno discusso: non dobbiamo prendere in giro i siciliani”. Per Nino d’Asero, che guida il drappello di Alternativa popolare, invece, “sarà necessario un incontro del gruppo parlamentare e bisognerà aver chiara quale sia la soluzione migliore per la Sicilia, al di là delle polemiche giunte, è giusto dirlo, anche a causa di un uso improprio che qualcuno ha fatto di questo strumento, di questa società di riscossione. Ma la nostra decisione – aggiunge – dovrà essere razionale e non emotiva”.
Sullo sfondo, insomma, le polemiche tra l’Ars e Fiumefreddo, cui già accennavamo. “Il problema è – spiega Santi Formica, capogruppo della Lista Musumeci – che al di là del battage pubblicitario, la società deve funzionare. E al momento non funziona bene. Attendiamo quindi, come chiediamo da tanto tempo ormai, un piano industriale che ci dica esattamente come l’azienda pensa di rimettersi in sesto. Le polemiche con Fiumefreddo mi interessano poco e niente”. Polemiche considerate “ininfluenti” da altri esponenti dell’opposizione come il capogruppo di Cantiere popolare Toto Cordaro, secondo cui “il futuro di Riscossione Sicilia è parte di una idea più ampia relativa al ruolo di una tesoreria tutta siciliana. Auspico quindi – prosegue – che, al di là di una gestione della società certamente censurabile, si possa entrare nel merito della questione”. Convinti della necessità di liquidare l’azienda, sembrano oggi ancora il Movimento per le autonomie e Forza Italia. “La commissione bilancio – afferma il capogruppo Mpa, Roberto Di Mauro – ha già votato per lo scioglimento della società. E quella rimane al momento la nostra posizione, a meno che non subentrino nuovi fatti di natura tecnica che convincano il parlamento a cambiare idea”. “Noi crediamo sia necessario e utile – conferma il capogruppo di Forza Italia, Marco Falcone – allineare il sistema di riscossione al resto d’Italia. Oggi, così com’è, Riscossione non può stare in piedi, visto che con le entrate riesce appena a garantire gli stipendi del personale. Fiumefreddo? Deve limitarsi a svolgere il suo ruolo, che è quello di un amministratore che lavora per conto della Regione”.
Contro la norma di liquidazione di Riscossione Sicilia, invece, è il Movimento cinque stelle. “Personalmente – spiega il deputato Sergio Tancredi – ho presentato un emendamento che trasforma Riscossione Sicilia in una agenzia sotto il diretto controllo regionale, in linea con il dettato nazionale. Spero che questa proposta venga valutata in maniera equilibrata”. E si partirà già da oggi. Da quel Palazzo dei Normanni che appena due mesi fa sancì all’unanimità la chiusura dell’azienda dei veleni. E dove in tanti, adesso, sembrano aver cambiato idea.