Roma prova a spegnere| l'incendio siciliano - Live Sicilia

Roma prova a spegnere| l’incendio siciliano

Il governo Letta e la sua maggioranza si muovono per tirare fuori dai guai la Sicilia. Un'operazione per la quale Crocetta non potrà non pagare un prezzo politico. Intanto, nell'Isola gli alleati restano freddi e i sindacati continuano a picchiare. E al presidente non resta che pregare

PALERMO – Sempre più in difficoltà, Rosario Crocetta ha dovuto cedere. Al buon senso, innanzitutto. Rassegnandosi a pubblicare domani in Gazzetta ufficiale la finanziaria mutilata dalla mannaia del commissario dello Stato. Una finanziaria che non gli piace, “che canta il de profundis al posto di lavoro di migliaia di lavoratori, che butta sul lastrico migliaia di famiglie e impone alla Sicilia una manovra depressiva senza precedenti”. Ma tant’è. Il tentativo di rimandare la pubblicazione in Gurs, per sedere al tavolo della trattativa con Roma con la pistola carica degli stipendi ancora bloccati, non ha potuto reggere. Per cercare di trovare una soluzione (difficilissima) al pasticciaccio brutto della manovra falcidiata, il governo regionale ha dovuto anzi tutto fare un primo passo: pubblicare la legge senza le parti impugnate, così come votato dall’Assemblea. Poi si vedrà.

I regionali tirano un sospiro di sollievo, i loro stipendi arriveranno, anche se in ritardo. Per gli altri, non resta che pregare. Come Crocetta ha detto che farà domani. E poi aspettare notizie da Roma. Dove domani, il consiglio dei ministri si riunirà e affronterà anche il caso Sicilia, come si è convenuto oggi nel tavolo tecnico allestito nella capitale. Il ministro renziano Graziano Delrio ha preso a cuore la vicenda, e Crocetta e il suo governo devono sempre più rimettersi nelle mani del governo nazionale e della maggioranza che lo sostiene. Non a caso, ieri, nella prima riunione politica romana dopo il terremoto dell’impugnativa, oltre agli esponenti del governo nazionale e della giunta, c’erano anche esponenti dei partiti, Davide Faraone per il Pd e Renato Schifani per il Nuovo centrodestra (che già aveva dato una mano al governo regionale sulla vicenda della proroga dei precari). Crocetta, che in questi giorni ha assistito all’assordante silenzio della sua maggioranza siciliana, si affida gioco forza alla maggioranza che a Roma sostiene Letta per uscire dal vicolo cieco.

E certo, la mano che da renziani e alfaniani (più l’Udc del ministro D’Alia, anche lui in prima linea) sta arrivando a Palazzo d’Orleans, non potrà non essere ripagata da un punto di vista politico. Renzi, Nuovo centrodestra e centristi hanno aperto un credito con Crocetta, e il rimpasto e la nomina dei nuovi manager potrebbero rappresentare una prima occasione per passare all’incasso, politico si intende. L’Udc, che si trovava nella scomoda posizione di vedere traballare uno dei suoi tre assessorati, ha oggi qualche carta in più per uscire indenne dal rimescolamento in giunta. Tanto che il segretario regionale Giovanni Pistorio stasera è uscito con un comunicato dai toni accomodanti, che invita tutti a un esercizio di “sobrietà” e a superare le polemiche. E anche Gianpiero D’Alia ha invitato ad abbassare i toni, un monito che sembrerebbe rivolto in primis proprio a Crocetta, prodigo di esternazioni polemiche fino a stamattina.

Anche dal Pd, tragicamente silenzioso in questi giorni, oggi si è fatta sentire finalmente una voce amica del governo, quella del capogruppo Baldo Gucciardi, sempre più in avvicinamento ai renziani doc, che continua a parlare di “manovra seria” e assicura il sostegno del Pd. Gli altri democratici tacciono, o peggio, come il segretario Giuseppe Lupo, ormai il grande oppositore interno di Crocetta, attaccano il governo regionale a testa bassa.

A Crocetta, insomma, restano gli “amici” romani, l’appoggio delle associazioni di categoria che non hanno gradito lo zelo del prefetto Aronica, e la clemenza della Uil. La Cisl rimane in trincea e oggi anche la Cgil si è profusa in una critica molto dura al governatore, accusato dal segretario Pagliaro di “soffiare sul fuoco” e “agitare le acque”, e invitato ad “assumersi le sue responsabilità”. Quanto agli alleati più stretti, dai Drs ad Articolo 4, oggi appaiono più defilati, forse in attesa di capire se le grandi manovre romane in corso alla fine non li penalizzeranno.

Ma al di là delle alchimie partitiche e delle strategie di posizionamento, il problema dei problemi resta quello di ritrovare un’agibilità finanziaria per la Regione. E di riuscirci in tempi ragionevoli, prima che la piazza sfugga di mano alla politica e la situazione degeneri. Il governo nazionale sembra intenzionato a fare la sua parte e, riferisce Bianchi, ha riconosciuto gli sforzi di risanamento avviati da questa giunta. Insomma, Roma può diventare madre, o forse meglio matrigna, del governo regionale barcollante dopo il colpo da ko inferto dal commissario dello Stato.

Certo, per evitare il baratro, nel quale tutti rischiano di sprofondare, le forze politiche siciliane dovranno comunque collaborare. E questo potrà aiutare la sopravvivenza politica dell’era Crocetta. Ma l’impressione è che per il perverso modello socio-economico su cui si è retta per decenni la Sicilia, all’alba di questo 2014 siano suonate una volta e per tutte le campane a morto. E che niente potrà più essere come prima.


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