"Sacerdoti stanchi e assenti": radiografia della Chiesa catanese

“Sacerdoti stanchi e assenti”: radiografia della Chiesa catanese

Mentre il laicato è spesso pigro e litigioso. L'arcidiocesi pubblica il Documento sul primo anno del percorso sinodale voluto dal Papa.

CATANIA – Sono sedici le pagine che compongono il Documento finale al termine del primo anno del Cammino della sinodalità redatto dall’Arcidiocesi di Catania. Uno strumento che mette a fuoco quanto ha avviato monsignor Salvatore Gristina, su impulso di Papa Francesco, e che monsignor Luigi Renna, nuovo capo della Chiesa etnea, sta guidando. Primo giro di boa, dunque. Che vale quanto la fotografia dello stato di salute del popolo credente. Un capitolo è infatti dedicato ai “punti di debolezza e criticità” da affrontare con urgenza affinché l’esercizio “dell’ascolto” possa produrre e rinsaldare i legami di “comunione” propri del tessuto ecclesiale. 

I presupposti

Appunto perché – come sottolinea il documento – il “fondamento del cammino sinodale è la comune riscoperta e valorizzazione del sacerdozio battesimale di tutto il popolo di Dio. Tale consapevolezza – si legge – fa scoprire le potenzialità personali e la forza per superare i propri limiti, permette di realizzare una pastorale integrata, di valorizzare i diversi carismi, di considerare i giovani come risorsa, di dare voce alle marginalità e alle periferie esistenziali, di dialogare con altre confessioni cristiane ed altre religioni”.

Prima però bisogna passare dal punctum dolens. Anzi, dai punti dolorosi. Perché sono più di uno quelli fissati nero su bianco all’interno dello strumento redatto dall’arcidiocesi. “Nelle comunità si registra un forte clericalismo che impedisce la parresìa (franchezza, ndr), la conoscenza e il confronto, il discernimento e la corresponsabilità. Ciò determina – si legge – aggressività, difficoltà a gestire i conflitti, facile giudizio morale verso situazioni di fragilità con conseguente esclusione ed emarginazione. I laici hanno, spesso, un ruolo marginale ed ininfluente e, ancora di più, se si tratta di donne che vivono una condizione di pesante discriminazione”. 

Non al passo coi tempi

L’immagine che viene fuori è quella di una Chiesa tutt’altro che accogliente o al passo con le esigenze di chi vive nel mondo di fuori. “Molte attività proposte non hanno orari compatibili con le esigenze del laicato – si legge – la formazione è carente e si procede per consuetudine senza un autentico discernimento”.

A quanto pare, anche la vita delle parrocchie è stagnante: “Vi ruotano sempre le stesse persone e scarso ricambio generazionale”. Una  situazione che “ingenera, spesso, meccanismi relazionali perversi quali la critica, il chiacchiericcio, le incomprensioni, il bisogno di primeggiare, il concepire il servizio come esercizio di potere e l’autorevolezza come autoritarismo”. 

I sacerdoti

Davanti a ciò, i sacerdoti risultano il più delle volte in balìa dei parrocchiani. In molti casi si registra “la presenza di persone che lo attorniano, condizionandone le scelte ed esercitando su di lui e con lui una sorta di potere che minaccia pesantemente la comunione”. 

I problemi riguardanti la qualità dei presbiteri non sarebbero, tuttavia, soltanto questi. “Si sottolinea la carenza di sacerdoti, spesso soli e percepiti un po’ assenti e stanchi – scrivono – Anche nelle liturgie, le omelie, a volte non proprio in linea con la Parola di Dio proclamata non aiutano la riflessione e non stimolano conversione e autentico cambiamento di vita”. 

Pigrizia

Scarsa formazione dei laici, famiglie impreparate e poco aggiornamento dei preti. Soprattutto sulle questioni di più calda attualità. Quelle riguardanti, cioè, la bioetica o l’omosessualità. Insomma, si tratta di comunità aride. L’esperienza del Covid, inoltre, ha deresponsabilizzato i più e allentato i legami. “La pandemia ha generato paura e scoraggiamento, ha interrotto le relazioni, ha assecondato la pigrizia spacciata per prudenza, e l’abitudine, più che la necessità, di partecipare alle celebrazioni da remoto”.

Insomma, la diagnosi non è delle migliori. Un’apatia che probabilmente fa il paio con lo stato d’animo dell’intera Città. Tuttavia il percorso sinodale è ancora aperto. E, intanto, alcuni strumenti di cura sono stati individuati e vanno tutti nella direzione della “formazione”. Una ricetta in linea con le peculiarità di Luigi Renna. Entrando in diocesi lo aveva infatti detto: “Io sono innanzitutto un formatore”. 


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