CATANIA – “Dopo 12 anni ho ripreso gli studi universitari: grazie alla comunità in cui risiedo ho ricominciato un percorso riabilitativo che mi ha permesso di tornare a vivere e sperare in un futuro”. Simonetta ha 40 anni e un passato problematico che ha superato grazie all’affetto e al sostegno della casa famiglia catanese dove dorme, mangia e studia, seguendo un percorso terapeutico personalizzato. Anche lei questa mattina (31 marzo) era presente a Palazzo Esa (Catania) insieme a decine di utenti affetti da disturbo mentale, per raccontare l’esperienza vissuta all’interno delle strutture residenziali presenti sul territorio siciliano. “Dopo 35 anni passati da un reparto psichiatrico all’altro – continua Luigi – ho finalmente trovato la giusta dimensione in una comunità di Palermo, dove sono attorniato da persone che mi vogliono bene”.
In Sicilia la riforma della salute mentale è stata avviata anche grazie alla nascita delle comunità alloggio gestite dalle cooperative sociali, operanti in regime di convenzione con i Comuni: strutture socio-assistenziali che hanno rappresentato un salto epocale nel trattamento del disagio psichico in ottemperanza alla legge regionale 22 dell’86, che ha umanizzato il trattamento ridando dignità ai pazienti e contribuendo al superamento del trattamento all’interno dei manicomi. Oggi queste stesse realtà rischiano di morire a causa della mancata integrazione nella rete socio-sanitaria della Regione Siciliana – tra l’altro già in vigore in tutte le regioni d’Italia – prevista inizialmente dall’art. 19 della finanziaria, cassato dal commissario dello Stato.
“I distretti socio-sanitari siciliani, che dovevano utilizzare i trasferimenti dei fondi nazionali per tutte le attività previste dalla legge 328 – ha spiegato il presidente del Coresam Francesco Lirosi – hanno sprecato l’opportunità di poter realizzare progetti e servizi non utilizzando le somme previste, ben 118 milioni di euro nell’ultimo triennio. Contestualmente assistiamo all’abbandono dei cittadini con disagio mentale, derivato dalla chiusura di comunità alloggio e case famiglie siciliane (250 in tutto, che oggi afferiscono unicamente all’assessorato regionale alla Famiglia), che oggi non riescono ad affrontare le spese, mettendo a rischio anche il lavoro degli oltre 2000 operatori. Il congelamento dell’art. 19 infatti creerà problemi anche e sopratutto ai comuni e agli enti locali che non avendo disponibilità economica, non riescono a garantire i servizi essenziali”.
Un appello al presidente Crocetta e all’assessore Borsellino, «per intervenire con forza – continua Francesco D’Amico, vicepresidente Coresam e dirigente nazionale Federsolidarietà Confcooperative – così come ci era stato assicurato nelle fasi interlocutorie avvenute a Palermo con i rappresentanti delle coop». «Dopo l’emanazione del piano strategico del 2012 – ha sottolineato il presidente comitato zonale salute mentale Asp Catania Antonella D’Urso, in rappresentanza delle associazioni dei familiari – pensavamo ci fosse una riqualificazione del sistema per rendere più efficaci ed efficienti le pratiche per la salute mentale, individuando gli obiettivi prioritari e le conseguenti scelte di politica strategica. Ma tutto questo fin’ora è rimasto solo sulla carta e noi ci troviamo quotidianamente ad affrontare una situazione di disagio che toglie dignità agli utenti, agli operatori e alle famiglie”.
Il Coresam, coordinamento regionale Salute mentale, attende adesso risposte concrete e annuncia una protesta a Palermo nelle prossime settimane per denunciare lo stato di emergenza sociale in cui versano i 2500 pazienti coinvolti. Erano presenti alla conferenza stampa: il vicepresidente regionale della Legacoop Giuseppe Giansiracusa in rappresentanza delle centrali cooperative, Salvo Bonaventura della Uil, il presidente delle associazioni degli utenti Maria Fisicaro, il segretario Coresam Dino Ficicchia.