Sono passate da poco la quattro del pomeriggio e in Via D’Amelio a Palermo c’è un uomo in piedi su un palco, quasi aggrappato ad un microfono, lo sguardo che guizza dalla facciata del numero civico 19 alle persone ai piedi di quel palco. Nei suoi occhi si riflette un colore, lo stesso colore che 20 anni fa ricopriva, più scuro, la strada che oggi è gremita di gente che tende le braccia con in mano un’agenda: il rosso brillante del coraggio di una città che si stringe ancora una volta attorno alle famiglie dei figli che ha perso. L’uomo inizia con poche parole che vengono avvolte da un applauso forte, caldo, sincero.
Salvatore Borsellino presenta nel corso del pomeriggio quelli che chiama “partigiani della Costituzione”. Prende parola il giudice Leonardo Guarnotta e c’è appena un brusio, intorno, davanti alla voce roca di un magistrato che parla del sogno di poter far vivere i giovani con vera dignità, all’insegna della giustizia. Arriva il momento del silenzio. Marina Monti legge la poesia scritta per Paolo e dal momento in cui urla “Noi ti faremo giustizia” qualcosa cambia. Salgono sul palco Antonio Ingroia e Nino Di Matteo.
Di Matteo ricorda la toga del magistrato Borsellino stesa sopra la bandiera tricolore poggiata sulla sua bara. Una toga carica di libertà e amore per la nostra terra, dice. Salvatore Borsellino invita sul palco i familiari degli agenti di scorta. Agostino Catalano, Emanuela Loi, Claudio Traina, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, scomparsi in quel pomeriggio di vent’anni fa. Accanto ai parenti, l’unico sopravvissuto: Antonino Vullo.
Il fratello del giudice Borsellino ha deciso di dedicare il ventennale della strage in cui perse la vita il sangue del suo sangue a chi forse non abbastanza spesso viene portato sull’altare della gloria: consegna ai membri delle famiglie Loi, Catalano, Traina e Li Muli (la famiglia Cosina non è riuscita ad essere presente, e Salvatore ha promesso di andare a Trieste a trovarla) delle targhe a forma di agenda rossa. Ogni agenda rossa che consegna è associata ad un ricordo dei ragazzi della scorta: “I vostri familiari sono morti per proteggere mio fratello, mentre io sono fuggito via da qui e non ho potuto. È questo il peso che porto nel cuore”.
Il fratello di Claudio Traina urla: “Tirate fuori l’agenda rossa, e ridateci la verità”. Si ricorda il sorriso di Emanuela che “faceva dire a tutti che era bellissima”. La tenerezza della madre di Vincenzo, che prende la targa per il suo “bambino”, inumidisce l’anima. E dopo, le parole rabbiose di Antonino “il sopravvissuto”: “I macellai sono ancora liberi”.