Santa Lucia, perché in Sicilia si mangiano arancine e cuccìa

Santa Lucia, perché in Sicilia si mangiano arancine e cuccìa

Ogni anno niente pane e pasta in segno di gratitudine verso la santa

Il 13 dicembre, in Sicilia, dalle tavole sono banditi pane e pasta. Chi infrange questa tradizione, secondo i racconti delle nonne, rischia la cecità. In questa data, si celebra infatti Santa Lucia, patrona di Siracusa e protettrice degli occhi e della vista a cui si deve il miracolo dal quale ha avuto origine un rito gastronomico che vuole che il 13 dicembre si consumino arancine e cuccìa.

Chi era Santa Lucia

La storia di Santa Lucia affonda le sue radici in Sicilia tra la fine del III e l’inizio del IV secolo, durante le persecuzioni contro i cristiani nell’Impero romano. Proveniente da una famiglia nobile e benestante, la fanciulla siracusana consacrò la propria vita alla fede e ai poveri. Rifiutò un matrimonio imposto e distribuì i suoi beni ai più bisognosi, gesto che le costò la denuncia e il martirio sotto Diocleziano.

Secondo la leggenda, Santa Lucia avrebbe perso la vista a causa delle violenze subite durante il martirio, inflitte per costringerla a rinnegare la fede cristiana. Le sarebbero stati cavati gli occhi che, tuttavia, sarebbero ricresciuti miracolosamente.

Ma c’è anche un’altra credenza popolare secondo cui la giovane si sarebbe strappata gli occhi per non cedere alle suppliche di un pretendente, consacrando così definitivamente la propria purezza a Dio. Il suo nome deriva dal latino Lùcia, femminile di Lùcius, la cui radice è lux (luce).

Santa Lucia morì il 13 dicembre del 304 d.C., data che anticamente coincideva con il solstizio d’inverno. Ecco perché si è soliti dire che il 13 dicembre è il giorno più corto dell’anno. Le sue spoglie sono state spostate da Siracusa e oggi sono conservate nella Chiesa di San Geremia, a Venezia.

La carestia e il miracolo di Santa Lucia

La figura di Santa Lucia è diventata nel tempo una delle più venerate in Sicilia. Per comprendere perché il 13 dicembre si mangiano arancine e cuccìa, bisogna tornare indietro al 13 maggio 1646 quando, durante una grave carestia, un bastimento carico di grano approdò al porto di Palermo salvando la popolazione dalla fame.

Il frumento arrivò all’improvviso quando ormai ogni speranza sembrava persa. L’evento fu interpretato come una risposta della santa alle tante preghiere che le erano state rivolte. La fame era tale che il grano non venne trasformato in pane o pasta, ma bollito e consumato subito senza essere macinato.

Da allora, in segno di gratitudine verso Santa Lucia, il 13 dicembre è diventato un giorno di memoria collettiva in cui si rinnova il voto popolare di non consumare pane e pasta, sostituiti da piatti a base di grano o riso oppure a base di farina di ceci come le panelle.

Santa Lucia arancine

Santa Lucia, il rito delle arancine e la diatriba maschio/femmina

Il 13 dicembre di ogni anno, giorno in cui si celebra Santa Lucia, in Sicilia si rinnova il rito delle arancine. Sin dalle prime ore del mattino si registrano lunghe code davanti alle friggitorie, alle pasticcerie e ai bar e il profumo di riso fritto invade le strade. Torna d’attualità anche l’eterna diatriba tra arancina e arancino, il pomo della discordia siculo per eccellenza che è molto più di una semplice questione linguistica.

Nella Sicilia occidentale, e in particolare a Palermo, per indicare la celeberrima palla di riso prevale il termine arancina, al femminile, rievocando la forma tondeggiante e il colore dell’arancia. Nella Sicilia orientale, soprattutto nel Catanese, domina arancino, al maschile, la cui forma conica richiama l’Etna.

Arancina, da piatto povero a piatto gourmet

I gusti delle arancine raccontano l’evoluzione della tradizione gastronomica, sospesa tra fedeltà al passato e sperimentazione continua. Accanto alle due versioni storiche – al ragù (in dialetto accarne) con carne, piselli e salsa di pomodoro, e al burro (in dialetto abburro), con besciamella, prosciutto e mozzarella – negli ultimi anni si sono affermate nuove varianti che l’hanno trasformata in piatto gourmet.

La regina dello street food viene condita con ingredienti quali pistacchio, salmone, norma, funghi, nero di seppia, pesce spada, tartufo e gamberi, speck e noci, fino alle declinazioni vegetariane e vegane.

Un’esplosione di sapori che, soprattutto il 13 dicembre, non snatura la tradizione ma la rinnova e al tempo stesso celebra l’abbondanza e la creatività gastronomica della Sicilia. Il risultato è comunque un cibo popolare, conviviale, trasversale: mangiato in piedi, in famiglia, per strada, senza distinzione di ceto.
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