Tanta gente scossa dal dolore ma composta ha seguito sul maxi schermo i funerali, fuori dalla parrocchia di San Domenico. Dentro, stretti tra l’altare e le mura della piccola chiesetta, i familiari, le autorità e i celebranti. Un bagno di folla e di sgomento per l’ultimo saluto di Saponara al piccolo Luca Vinci, 11 anni, Giuseppe Valla, 28, e il papà Giuseppe, inghiottiti dalla frana che è crollata sulle loro abitazioni, il 22 novembre scorso, mentre la pioggia incessante devastava tutto il litorale tirrenico del messinese, dalle porte della città dello Stretto fino a a Milazzo.
Le tre bare allineate davanti all’altare: quella bianca di Luca, con i suoi orsacchiotti e la maglia della Juventus, la sua squadra del cuore. Al centro quella di Giuseppe, di legno chiara, accanto quella più scura di papà Luigi, e su entrambe la maglia dell’Inter, per cui tifavano insieme. Sull’altare i compagnetti di Luca, vestiti da chierichetti, gli hanno dato l’ultimo saluto con una letterina di poche righe: “Ora sei accanto a Gesù, e da lì sarai il nostro grande angelo”, poi hanno aperto il corteo funebre. Poche altre parole per dire addio a Giuseppe, laureando a medicina. Il suo relatore, il professore Giovanni Sturniolo, la voce rotta dall’emozione e le lacrime, gli ha fatto una promessa: “La tua tesi sarà completata, pubblicata e io stesso ne consegnerò una copia a tua madre”.
Poi il docente ha chiesto al rettore Franco Tomasello, anche lui presente, di conferire la laurea alla memoria. In prima fila Piera, la mamma del piccolo Luca, in barella, ancora segnata dalle ferite della frana, protetta da una coperta rosa, la foto del suo angelo stretta tra le mani, ha voluto seguire l’intera messa. Subito dietro ai parenti, alle prime file dei banchi, Nino Lonia, che nell’alluvione di Giampilieri, due anni fa, ha perso moglie e i figli di 2 e 6 anni. Impossibile non accostare le immagini di oggi a quelle della tragedia del 2009; gli stessi palloncini candidi che per tutti sono segno di gioia, per gli abitanti del messinese ormai simbolo delle ferite del territorio e delle anime. Rispetto per i morti, prevenzione per i vivi, recitava uno dei più siginificativi striscioni posti ad un balcone antistante la chiesa, mentre “Basta bare” è stato l’unico sussulto che è arrivato dalla folla silenziosa, mentre i feretri sfilavano all’esterno.