Questo viso acqua e sapone è tutto ciò che veramente sappiamo di una ragazza appena uscita dall’età bambina. Non c’è niente di meglio per eccitare la morbosità recondita della gente perbene. La tenerezza per un corpo straziato è stata sommessa e sommersa. Il fremito per il corpo immaginario della storia – brivido impudico e sporco – corre, sotto la corona di spine di un sacrificio umano. Il voyeurismo televisivo, la diretta a cadavere caldo, la bava del pubblico, gli occhi appuntati in cerca del dettaglio patologico, le masturbazioni di massa. E la pietra tombale dell’insopportabile e un fittizio sentimento di pietà a coprire la lussuria nascosta. Peccato mortale doppio: del sesso e dell’intelletto.
Sapienti stregoni mediatici hanno titillato l’abiezione nazionale, trasformando Avetrana in un pozzo sfondato e interminabile per ogni pesca, per ogni gusto, per ogni guasto desiderio. Prima, Sarah “puttana”, la lolita scappata per chissà quale tresca, poi lo zio porcello, come in un film pecoreccio, solo che stavolta finisce male, infine la cugina assassina, la mantide nera, l’ultimo tocco saporito di orrido.
Chi di noi potrà scagliare il primo fiore? Chi di noi poserà il primo crisantemo, senza vergognarsi della sua stessa faccia, sul sepolcro dell’innocenza? Sarah, dormi, non svegliarti. Non è ancora primavera.